giovedì 21 settembre 2017

Di cani, di rituali mattutini e di lunghi addii

I cani sono creature abitudinarie. Come noi, del resto.
Se avete un cane - o tre, come nel mio caso - lo sapete benissimo: il risveglio è un momento fatto di rituali.
I rituali mattutini, in casa mia, prevedono:
- L’arrivo irruento della Pimpa, corredata da ciabatta rubata a me o al coniuge, che salta sul lettone - calpestandoti perché ti trovi in mezzo al suo rituale mattutino, stupido bipede - per farsi fare le coccole del buongiorno.
- Le corse pazze su e giù per il corridoio da parte di Patata che, a oltre otto mesi dal suo arrivo nella nostra famiglia, ancora non si capacita di questa assurda idea di dover prima scendere a fare pipì, rimandando di ben tre minuti l’ora dell’agognato pasto.


- Le attese impazienti della povera Dharma, che si aggira per casa ansimando in attesa di essere portata in giardino dopo aver controllato che in casa sia tutto in ordine (non a caso è soprannominata “Il capocantiere”).
I rituali mattutini non cambiano mai. Mai. Nemmeno il sabato e la domenica.
Hanno un bel dire, gli etologi, che i cani “non hanno il senso del tempo”.
Lo sanno benissimo, quando sono le 7 ed è ora di alzarsi, di scendere per fare pipì e soprattutto di essere nutrite, anche quando la sveglia non suona.
Hanno la precisione di un orologio svizzero, hanno.
Ricordo che Asia - ora è più di un anno che non c’è più - si metteva dal mio lato del letto e
mi fissava, in silenzio, finché non mi svegliavo. A quel punto iniziava a scodinzolare e correva davanti alla porta, in attesa di scendere. Poi saliva le scale di corsa (quando ancora riusciva a farle da sola) e mi aspettava davanti alla ciotola. 
Il suo rituale del mattino si è ripetuto ogni giorno per quattordici anni.
Poi, nell’ultimo anno della sua vita, ha avuto bisogno che il coniuge - il suo adorato bipede “paterno” - la portasse in braccio in giardino e la riportasse in braccio a cuccia, dove le veniva servito il pasto.
Aveva ancora tanta voglia di vivere.
Poi, un giorno, ci ha fatto capire che era pronta.
I cani non hanno il senso del tempo, ma sanno benissimo quando è ora di mangiare, di fare la passeggiata e di giocare.
I cani non parlano, ma sanno benissimo come fare a farci capire quando sono stanchi, chiedendo il nostro aiuto per addormentarsi per l’ultima volta. Chiunque ci sia passato lo sa bene.
Aiutare i nostri fedeli amici a quattro zampe ad andarsene è una delle decisioni più difficili che ci troviamo a dover prendere.
Al tempo stesso, è il più grande atto d’amore che possiamo rivolgere a chi, per tanti anni, ha scandito le nostre giornate con i suoi rituali, con la sua presenza discreta e consolatoria, con il suo amore incondizionato.
Stamattina Facebook mi ha riproposto il ricordo della nostra ultima vacanza insieme, con Asia nella sua “carrozzina”, tutta felice di riuscire ad andare in giro (a prendere coccole, ma anche insulti. Di questo abbiamo già parlato qui) pur senza reggersi sulle zampe.
Quella foto ha scatenato in me il ricordo di quindici anni di rituali, mattutini e non, e di considerazioni su come la mia vita sia scandita dalla presenza dei miei cani.
La salute non è il mio forte e ho passato molto tempo in casa, costretta a letto. Ma non sono mai stata sola. Mai. Nemmeno quando mio marito era al lavoro.
Nemmeno quando la mancanza di un figlio - non posso averne e con la mia cartella clinica le agenzie di adozione, a tempo debito, mi avevano praticamente riso in faccia. Oggi magari le cose sono cambiate, anche se non ne sono così sicura. Lo spero. Perché avrei tanto voluto prendermi cura di una creatura sfortunata - si faceva sentire.
Ebbene, posso comunque farlo. Posso aiutare a distanza le persone (gli immunosoppressori sono controindicati con il volontariato, in ambienti chiusi e affollati). Ma la prima cosa che mi dissero i medici, prescrivendomi entrambi gli immunsoppressori che assumo ogni giorno, fu: “Non si preoccupi, i cani non sono un pericolo per lei. Non possono trasmetterle virus influenzali o altre malattie “umane”, come le persone”.
Non mi preoccupavo, no. Sapevo già che non condividiamo le stesse malattie, se non quelle trasmesse da fattori “esterni” (come punture di insetti, per esempio).
Non mi preoccupavo e pensavo che, alla fine, potevo prendermi cura in prima persona di qualche creatura sfortunata. Creature a quattro zampe, che non sono figli - i cani devono essere riconosciuti come tali, con le loro peculiarità e le loro esigenze - ma restano pur sempre membri della famiglia a cui badare.
E da cui farsi coccolare, nel momento del bisogno. A cominciare dai rituali mattutini.

2 commenti:

  1. Bellissimo, condivido ogni parola. Vale per i cani (al momento ne ho due) e anche per i gatti (due pure loro, più la randagina che non si fa toccare ma vive tra giardino e garage)

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    1. Verissimo. Anche per i gatti. ❤️ In fondo, credo che valga per tutti gli animali domestici ❤️

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