Prima regola del malato cronico: imparare a guardare sempre il lato positivo (grazie, Kurt Vonnegut! Come sempre, arrivi al momento giusto). Come il fatto che, avendo dovuto stare a letto quasi tutto il mese, ho letto parecchio :-)
A breve mi aspettano i miei consueti otto-dieci giorni in ospedale, quindi ho già fatto scorta di ebook per la degenza e mi si prospetta un altro mese ricco di letture (e vai col lato positivo!).
Febbraio è stato il mese della montagna: non ho solo letto due libri sulla tragedia dell'Everest nel 1996, ho anche fatto mote ricerche e letto tutti gli articoli e le interviste a riguardo che sono riuscita a trovare. Ed è stato il mese di Harper Lee, la cui morte mi ha molto colpita anche perché la notizia è arrivata proprio mentre stavo leggendo Va', metti una sentinella.
Ed è stato il mese della varietà, come sempre: tanti libri diversi. Saggi, manuali, poesie... Alcuni dei quali mi hanno emozionata. E mi sento di consigliarveli.
Buona lettura!
Aria sottile di Jon Krakauer
L’ho letto dopo aver visto il film “Everest” e dopo la dichiarazione di Simone Moro, che indicava il film come “tratto dal libro sbagliato”. Ho fatto ricerche su quella notte maledetta, leggendo tutto quello che ho trovato. E mi sono imbattuta in una querelle che va avanti da vent’anni. Ho studiato anche l’approccio di Krakauer, coinvolto in prima persona ma fedele al suo metodo giornalistico: raccogliere testimonianze (inclusa la propria). In questo libro ci sono la sua, quelle degli altri partecipanti alla spedizione, ma non quella di Boukreev. Non diretta, almeno: le parole di Anatoli Boukreev, la guida russa in cui Krakauer identifica il “cattivo” della sua storia, non è stato intervistato. Le parole che Krakauer riporta vengono da un’altra intervista, fattagli avere dallo stesso Boukreev.
Per quanto mi riguarda, quindi, già il metodo di partenza non è corretto: se vuoi raccontare una storia oggettivamente, da giornalista, devi ascoltare tutte le testimonianza. Inoltre, se da un lato posso capire il bisogno di Krakauer di trovare un colpevole - identificandolo nella persona sbagliata: le colpe, semmai, sono da attribuire all’eccessivo numero di scalatori e alle riserve di ossigeno non adeguate - dall’altro lato non posso restare indifferente alle responsabilità dirette di Krakauer nella morte di Andy Harris (ammesse nel libro dallo stesso Krakauer), né di fronte alle vite salvate da Boukreev, che è eroicamente uscito da solo, per ben tre volte, alla ricerca degli scalatori in difficoltà.
Né, infine, posso restare indifferente di fronte all’ammissione di Krakauer di non essere rimasto lucido, di aver sofferto di molti problemi legati all’altitudine, che ne hanno compromesso i ricordi. Nonostante la parte iniziale, con l’interessante storia delle spedizioni sull’Everest, e nonostante alcuni passaggi innegabilmente suggestivi, mancano l’oggettività e il buonsenso.
Bourkeev ha risposto alle accuse di “Aria sottile” con diverse lettere e con un libro, che ho letto. La mia conclusione è che sia impossibile leggere Krakauer senza leggere anche Boukreev - tanto che Krakauer parla delle sue risposte nella prefazione - e credo sia anche impossibile non cogliere gli evidenti difetti di “Aria sottile”.
The Climb: Tragic Ambitions on Everest (distribuito anche come Everest 1996) di Anatoli Boukreev e G. Weston DeWalt
L’ho letto in inglese perché in italiano non l'avevo trovato. Ci ho messo un po’, per via dei termini tecnici che vanno assolutamente tradotti perché fondamentali alla comprensione dei passaggi più delicati.
La versione di Boukreev, intervistato da DeWalt, è molto diversa da quella di Krakauer. Non solo perché si concentra molto di più su dettagli tecnici e sull’esposizione della “filosofia da scalatore” di Boukreev, che aveva molta più esperienza da mettere sul piatto, ma anche perché qui si cerca solo di ricostruire i fatti, svelando retroscena inediti per chi ha letto “Aria sottile”.
Questo, sì, è un lavoro di ricerca “vero”. Meno poetico, senza dubbio, rispetto al libro di Krakauer, ma infinitamente più utile a comprendere i fatti e a capire davvero tutte le variabili che entrano in gioco quando si affronta un’impresa come la scalata alla vetta dell’Everest. Boukreev volle pubblicarlo dopo l’uscita di “Aria sottile”, in cui Krakauer - di fatto - accusa Boukreev di aver “abbandonato” il suo posto, scendendo dalla vetta, rendendosi responsabile della tragedia. La replica è puntuale, precisa e soprattutto basata su diverse altre interviste e sui fatti.
Anatoli Boukreev ha perso la vita il 25 dicembre del 1997, mentre tentava la scalata dell’Annapurna insieme a Dimitri Sobolev, anch’egli vittima della valanga, e Simone Moro, che si salvò per miracolo. Prima di morire, Boukreev era tornato sull’Everest per cercare il corpo dell’amico Scott Fischer, che lo aveva assunto come guida per la famigerata spedizione del 1996, in cui perse la vita, e per recuperare i suoi oggetti personali da portare alla famiglia. Aveva solo trentanove anni.
Il buio oltre la siepe di Harper Lee
Per quanto mi riguarda, sono soprattutto due gli elementi che fanno di questo romanzo un classico senza tempo: la scelta di farci narrare una storia complessa e decisamente “adulta” da una bambina, e la capacità d’immergerci completamente nel suo mondo. Anche riletto a distanza di molti anni, la sua magia non perde efficacia.
La storia di Scout Finch, del processo seguito da suo padre Atticus, di un’America che cerca disperatamente il cambiamento quando non è ancora nemmeno lontanamente pronta per accoglierlo, è la storia di tutti noi. La spensieratezza dell’infanzia che s’infrange nello scontro col mondo reale. L’irruzione di qualcosa, nella nostra vita, che la cambierà per sempre. E una schiera di personaggi veri, così imperfetti, così umani e per questo terribilmente affascinanti, pronti a legarsi alla nostra memoria e ai nostri cuori per non lasciarli più.
Il buio oltre la siepe è quello che non vogliamo vedere, che non avremmo voluto vedere e che non possiamo dimenticare di aver visto. Il buio oltre la siepe è il mondo adulto che ci aspetta, con tutte le sue ingiustizie, i suoi orrori e i compromessi che tutti noi, prima o poi, dovremo accettare per farne parte. Ogni giorno, per il resto della nostra vita.
Va’, metti una sentinella di Harper Lee
Lo stavo leggendo da tre giorni, quando è arrivata la notizia della morte di Harper Lee. Ma non è solo per questo che lo ricorderò. Scout è cresciuta proprio come ce lo aspettavamo. Anche se in realtà il processo è avvenuto al contrario. La Lee ha dichiarato di averlo scritto prima de “Il buio oltre la siepe”, ma di averlo lasciato in attesa dopo che l’editore le aveva consigliato di raccontare la storia di Jean Louise da piccola. Il che è comprensibile, in un certo senso, visto che le parti più riuscite e più poetiche di “Va’, metti una sentinella” sono quelle ambientate nel passato, con Scout e Jem bambini.
Senza contare che l’esito diverso del processo al centro de “Il buio oltre la siepe” raccontato in questo romanzo è in effetti l’unica nota stonata: i personaggi sono coerenti con quanto conosciamo di loro. E Hank s’inserisce perfettamente in un gruppo già rodato. Un gruppo che ci parla di temi davvero importanti.
Cose l'emancipazione? Quella vera, definitiva, che scrive l'antica storia e definisce quello che sei? È il distacco della propria coscienza da quella dei genitori. È l’umanizzazione di figure idolatrate, come quella di Atticus Finch. È la presa di coscienza che il mondo è come è, e non come lo vediamo noi.
Scout Finch, che sta per diventare davvero grande, ci regala l'opportunità di rileggere un pezzo di storia, di guardare alla lotta per i diritti civili da nuove prospettive, di riscrivere le vite di personaggi che da una vita pensavamo di conoscere. Anni dopo il primo incontro col capolavoro di Harper Lee, l'ho riletto. Credevo che “Il buio oltre la siepe” mi avrebbe spianato la strada a questo seguito ideale, ma mi sbagliavo. Innanzitutto perché questo non è il seguito. E poi perché la prima storia di Scout e Atticus Finch non ha nulla a che vedere con questa.
Questa, semplicemente, è la storia di un mondo che cambia e delle persone che devono imparare a vedere quei cambiamenti per ciò che sono davvero, e non per ciò che vorrebbero.
Quando siete felici, fateci caso di Kurt Vonnegut
Ci sono scrittori che vanno letti. Vanno letti e basta. Io avevo già letto, e amato alla follia, diverse opere di Vonnegut, prima d’imbattermi in questa: una raccolta dei discorsi tenuti in varie Università, al cospetto dei laureandi, e presso varie associazioni. Nel corso di trent’anni. Con uno stile improntato all’ironia e alla satira pungente, che chi ha letto le sue opere più drammatiche non avrebbe sospettato, questo grande scrittore ci parla di tutto: di amore, di famiglia, di storia, di politica, di pregiudizi e di guerra. Ci parla della vita e della morte. Ci insegna ad apprezzare le piccole cose, i brevi momenti “perfetti” che ci conforteranno durante i periodi più difficili. Ci racconta la propria vita straordinaria e ci incanta con aneddoti legati agli altri grandi scrittori che ha incontrato, ma anche alla gente comune.
Questo libro è come un diario, è “il mondo secondo Kurt Vonnegut”, e col cuore in mano. Va letto.
Per imparare a leggere e rileggere la storia, per apprezzare la cultura sterminata di un uomo che sa bene come usare le parole per lanciare messaggi che lasciano il segno. E per ricordarci di fermarci a dire a voce alta, quando siamo felici: “Cosa c’è di più bello di questo?”. A voce alta. Finché noi, e non altri, potremo sentirlo davvero.
Renaissance 2.0 di Lorella Fontanelli
Lorella Fontanelli è un’amica. Questo, però, non mi ha impedito di avvicinarmi a Renaissance 2.0, primo volume di una trilogia, con oggettività: se non mi fosse piaciuto, avrei trovato il modo di dirglielo. Come faccio sempre quando gli amici scrittori mi mandano i loro libri.
Invece Renaissance 2.0 mi è piaciuto, eccome. Tanto da farmi interrompere la lettura del libro già in corso, cosa che faccio di rado. Mi ha catturata perché dentro c’è tutta la fantascienza che piace a me: i riferimenti a Star Trek, Star Wars e Visitors non sono solo nei nomi (la curvatura, il teletrasporto, i caccia imperiali, gli alieni "amici" che sovrastano la Terra con le loro navi…), sono soprattutto nell’atmosfera.
Renaissance 2.0 prende il meglio della fantascienza, dagli anni Sessanta agli anni Novanta, e la mescola in una storia nuova, con un’eroina degna della migliore Katniss Everdeen. Se non fosse che Anita Costa è più “grande”, di lei, e stempera una parte della sua impulsività grazie alla maturità acquisita. E se non fosse che Anita ricorda più un’eroina della fantascienza classica degli anni Cinquanta: una bella donna, dall’aspetto delicato e dalla mente sopraffina, ma sempre pronta all’azione quando serve. Nel romanzo, storia di un’organizzazione che si oppone al dominio del Nuovo Ordine, accentratore di tutto il potere del mondo nelle mani di pochi, c’è un po’ di tutto: la fantascienza classica, i legami - inquietanti - con l’attualità, la critica alla società contemporanea, l’avventura e un pizzico di romance. Di quello che serve allo sviluppo di una parte della trama e non indugia su particolari romanticamente fuori luogo.
In un certo senso, leggendo Renaissance 2.0, mi sono sentita a casa. Con i riferimenti culturali giusti e con la scrittura scorrevole, che ti permette di proseguire senza indugio nonostante i molti nomi difficili, consentendoti di orientarti fra i molti personaggi. E quelle dichiarazioni finali, le citazioni dei banchieri di ogni epoca ai quali Lorella Fontanelli si è ispirata per dar vita alla sua saga… Quelle sono la ciliegina sulla torta. Per ricordarci che il 2051 non è poi così lontano e che la fantascienza prende sempre spunto dalla realtà. Da quella realtà che ci fa più paura.
Urla nel silenzio di Angela Marsons
Capisco perché abbia scalato le classifiche britanniche così in fretta: è molto scorrevole. Come “La ragazza del treno”, incuriosisce e intrattiene il lettore. Da qui a diventare un grande libro, però, ce ne passa (in entrambi i casi). Mettiamola così: consigliato agli amanti del genere, che troveranno un’indagine piuttosto avvincente. Sconsigliato a chi (come me) non sopporta i personaggi troppo stereotipati, perché questo romanzo ne è pieno. A cominciare dalla protagonista, una detective così “già vista” da permetterti quasi di saltare le righe che riguardano le sue battute senza perderti nulla. Sai già cosa dirà e come si comporterà. Hai già capito chi ti trovi di fronte, passato tormentato incluso. Va detto che ad alcuni questa familiarità piace. Per me resta la classica lettura “da intrattenimento”. Il libro da leggere in aereo o in treno, circondato da rumori che ti impediscono di concentrarti davvero. Scorrevole, sì. Ma non convincente.
La panchina e altre poesie d’amore di Daniele Palmieri
Devo ammettere di non essere una grande amante della poesia. O, almeno, non di quella contemporanea: sono una nostalgica, legata ai classici. Ciononostante, vuoi per la splendida introduzione, vuoi per la presenza di alcuni pezzi davvero toccanti, ho molto apprezzato questo lavoro del mio amico Daniele Palmieri. Una poesia, in particolare, mi ha catturata: “Le parole fanno ciò che io non posso”. Forse perché, per motivi diversi da quelli descritti da questo testo, nella mia vita le parole fanno davvero ciò che io non posso fare. O forse perché so che questo è uno splendido, romantico e delicato regalo da parte di Daniele a Giulia, e da romanticona non posso non commuovermi.
In ogni caso, l’amore qui non è mai banale, pur restando quotidiano, tangibile, “comune” nel senso di “comprensibile da tutti noi”. E non credo sia poco, per una raccolta di poesie d’amore.
E l’uomo incontrò il cane di Konrad Lorenz
La modernità di questo testo mi ha molto colpita. Negli anni ho letto dozzine di libri sulla comunicazione uomo-cane, sull’addestramento, sulla necessità di imparare a riconoscere i segnali non verbali dei nostri amici a quattro zampe. Tutto quello che ho letto viene da qui. Lorenz ha scritto, nel 1950, ciò che io ho capito solo dopo quindici anni di convivenza con i miei cani. Ha spianato la strada a tutti gli studi cinofili, ha compilato un saggio di etologia (materia che gli è valsa il Premio Nobel) che non è mai freddo e distaccato: è condito dalla sua passione per i cani, dalle sue esperienze personali, dagli anni dedicati a produrle.
La storia di Stasi ti entra nel cuore (e te lo spezza). La parte sulle punizioni, seppur comprensibile per l’epoca (e fastidiosa, molto fastidiosa, per me) è già molto moderna. Lorenz era già pronto, prima di tutti i suoi contemporanei, ad aprirsi al metodo gentile per l’educazione del cane. E ci ricorda, cosa più importante di tutte, che se ami gli animali ami anche gli altri esseri umani. E viceversa.
Leggi Super Veloce di AK Jennings
Seconda tappa del mio viaggio nello studio delle tecniche di lettura veloce. Seconda e più efficace tappa, devo aggiungere: rispetto al testo precedentemente analizzato, questo fa molti meno giri di parole e va dritto al punto.
Le tecniche descritte sono diverse e vengono spiegate efficacemente. Manca certamente qualcosa, un approfondimento di cui si sente l’assenza, ma - benché non dica nulla di nuovo, proponendo le stesse tecniche di molti altri testi del genere: sono quelle, non c’è molto da inventare - le propone nel modo corretto.
Soprattutto, non perde tempo introducendo troppi concetti “altri”, spesso inseriti dagli autori di questi volumi per allargare il campo d’azione e anche per allungare un po’ il brodo.
Qui ci si concentra sulla lettura veloce e lo si fa in modo produttivo. Un buon punto di partenza.
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