lunedì 4 maggio 2015

Expo, Milano e l'Italia: un problema culturale

Cultura. Dev'essere proprio un problema culturale.
Un problema del Comune di Milano che dice "No" al Telefilm Festival perché "i telefilm non sono cultura", però inserisce McDonald's e Coca-Cola fra i principali sponsor dell'edizione di Expo a tema "Nutrire il pianeta".
Un problema dei cittadini di Milano di fronte a una generazione che afferma senza batter ciglio: "distruggere è giusto quando si protesta".
Un problema tipicamente italiano, nell'incapacità di legare il concetto di "rispetto della cosa pubblica" (e di quella altrui!) a quello di "cultura".

Com'è normale, e giusto, che sia, in questi giorni ho visto/letto/sentito qualsiasi cosa sui fatti avvenuti a Milano il 1° maggio.
Una delle cose che più mi hanno colpita è la nonchalance con la quale i politici (a cominciare dal Ministro Martina, visibilmente contento) sono stati capaci di separare l'inaugurazione mattutina di Expo dalla devastazione dei black bloc seguita nel pomeriggio.
"E' stata una splendida giornata, splendida", afferma Martina. Ma come "splendida"?
Sì, certo, bella l'inaugurazione, commovente il coro di bambini, divertente (o meglio ridicolo, col senno di poi) il discorso di Renzi. E poi? Oltre cinquanta auto date alle fiamme, vetrine di negozi sfondate, palazzi imbrattati, strade devastate. Non contano, queste, nella media di "una splendida giornata?".
L'ho già scritto in passato e lo ripeto: manifestare è un diritto sacrosanto e, se devo dirla tutta, personalmente condivido anche le principali ragioni alla base della manifestazione di sabato.
Ma nel momento in cui diventi violento, o distruttivo, perdi il diritto di manifestare.
E questa volta, il caos e la devastazione erano stati annunciati.
Si sapeva che sarebbe finita così e bisognava prevenirli. Con mezzi efficaci. O almeno punirli, nel rispetto della legge, e non certo portando in questura 5 persone.
In tutto il mondo, durante le manifestazioni del 1° maggio che hanno creato disordini, sono state arrestate molte più persone. E non sto prendendo ad esempio la Turchia, che arrestava per motivi ben diversi da quelli che hanno interessato Milano.
Il problema, culturale e sociale, è che in Italia il caos regna sovrano.
Ovunque.
La burocrazia è una selva infernale e insensata: multano i disabili per "l'occupazione del suolo pubblico" derivata dall'installazione di una pedana (anziché considerarla "abbattimento delle barriere architettoniche").
La legge non è uguale per tutti, ed è avvelenata da controsensi assurdi (se bevi o ti droghi e poi ti metti al volante, la passi liscia perché per il codice penale non sei capace di intendere e di volere, quindi non sei responsabile delle tue azioni).
L'economia ruota attorno al concetto (sempre di impostazione "culturale") che chi evade le tasse è un "furbetto", anziché un delinquente e a due pesi e due misure (io, Stato, esigo subito i soldi che ti chiedo, ma se devo riconoscerti un rimborso me la prendo comoda. Fino a 13 anni di comodità, in base alla mia esperienza personale).
La sanità viaggia a velocità diverse a seconda della zona, come se avessi diritto a un'assistenza migliore o peggiore a seconda del luogo in cui vivo, ed è sempre la prima vittima dei tagli economici.
L'istruzione è un'altra vittima designata quando si tratta di finanziarie per risparmiare (e il "taglierò i costi della politica" che fine avrà fatto? Mah...). Come se istruzione e salute fossero due aspetti secondari della vita dei cittadini...
Insomma: il caos è ovunque. Per forza, poi, finisce sulle strade alla prima occasione "pubblica" di rilievo.
Culturalmente parlando, non sarebbe più conveniente investire in una politica di riforme VERE tese a regolare il caos di cui sopra, dal quale sfociano rabbia, devastazione e aggressività?
Culturalmente parlando, non sarebbe più efficace intervenire con la prevenzione, insegnando il valore dell'arte come memoria storica (e non come fonte di stupidi scherzi o di atti vandalici), il valore della "cosa pubblica" come investimento fatto col pagamento delle tasse (e già che ci siamo, mettiamo nella lista delle cose da insegnare anche il concetto che le tasse si pagano)?
Culturamente parlando, non sarebbe più fruttuoso educare a un'alimentazione corretta, che privilegi il minor impatto negativo possibile sull'ambiente e su ogni forma di vita, con un impegno contro l'inquinamento e la contraffazione?
Culturalmente parlando, non sarebbe meglio motivare le persone a leggere, a scambiare esperienze, a entrare in contatto con il maggior numero di persone possibile, al fine di arricchirsi?
Potrei andare avanti a lungo, ma non voglio risultare pedante perciò mi fermo qui.
Con la speranza di aver sollevato una questione a cui tengo molto: la cultura è l'insieme delle esperienze delle persone di oggi e di ieri, di tutte le forme d'arte (sì, ci metto anche i telefilm), degli approcci alla "cosa pubblica" che ci vengono insegnati, del rispetto della tradizione e dell'elasticità mentale che deriva dalla curiosità.
La cultura, in una parola, è la vita.

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