La libera informazione (che in realtà è comunque di parte, il più delle volte, e purtroppo spesso anche incompleta o arbitraria) ha un sacco di vantaggi. Ma siccome, appunto, così libera non è necessita di lettori e spettatori critici. Lettori e spettatori in grado di giudicare le notizie, di approfondirle, di formarsi un'opinione autonoma a riguardo. E purtroppo c'è carenza anche di lettori e spettatori di questo tipo.
Non sono qui per fare polemica, bensì per riflettere sulla assuefazione da libera informazione. Immagini che non troppo tempo fa sarebbero state risparmiate ai telespettatori, oggi sono state sdoganate. Il lato positivo è la completezza dell'informazione. Il lato negativo è l'inevitabile abitudine a certe immagini.
Siamo arrivati a un punto tale che omicidi, stupri e disastri naturali non fanno più notizia, tanto che le testate selezionano quelli più "attrattivi" per il pubblico, tralasciando gli altri. Lo ha dimostrato il recentissimo caso delle alluvioni in Emilia, inizialmente ignorate da gran parte dell'informazione mainstream a favore di casi meno gravi ma più "scottanti".
Non si tratta, badate bene, di fare una top ten del dolore, della sfortuna o dello sciacallaggio, bensì di riflettere su come il bombardamento mediatico rischi far perdere di vista ciò che conta davvero.
Faccio un esempio: Sky sta trasmettendo The Impossibile, il film di Juan Antonio Bayona con Ewan McGregor e Naomi Watts che racconta la storia vera di una delle famiglie rimaste coinvolte nello tsunami in Tailandia del 2004.
Personalmente ricordo molto bene il momento della notizia, quel 26 dicembre: ricordo dov'ero, cosa stavo facendo e addirittura cosa indossavo. Lo ricordo come ricordo dove mi trovavo e cosa stavo facendo quando arrivò della notizia dell'attacco alle Torri Gemelle l'11 settembre 2001 o l'attentato a Falcone il 23 maggio del 1992.
Ci sono eventi che ci segnano perché non potrebbe essere altrimenti. Ci sono eventi che cambiano la storia, e di conseguenza anche la nostra storia. Quella personale.
Ricordo anche, però, le moltissime immagini di coste devastate, sfollati, feriti, danni per milioni e milioni di euro trasmesse a partire dal 26 dicembre 2004. Le ricordo perché sono state moltissime, ma non sono state comunque sufficienti.
Non è la quantità a fare la differenza, bensì la qualità: il film di Bayona - che è un film e in quanto tale tende a drammatizzare o a dare un taglio specifico a determinate situazioni -colma questa carenza. Riporta dal punto di vista dei protagonisti l'arrivo improvviso dell'onda, con l'assenza di qualsiasi allarme in molte zone; ci immerge nel panico durante il disastro, nella paura di ritrovarsi soli, nell'ansia di non conoscere la sorte dei propri cari e nella fatica sovrumana necessaria a farsi forza per cercare aiuto, e per aiutare gli altri. L'orrore di trovarsi in mezzo ai cadaveri e agli animali morti, il pericolo, l'incertezza, il non sapere: The Impossible ci mette brutalmente di fronte a tutto questo. A qualcosa che la moltitudine di immagini e servizi tv non aveva saputo restituire.
The Impossible ci mette di fronte all'arrivo in ospedali non attrezzati, sovraffollati, in cui nessuno parla la tua lingua. In una tragedia come quella del 2004 c'è tutto questo e c'è molto di più.
Le ferite guariscono, per chi è sopravvissuto, quando i telegiornali smettono di trasmettere le immagini.
Per questo credo che imparare a riflettere su ciò che sta dietro a una notizia sia importante. Guardare con attenzione ciò che accade attorno a noi ci rende esseri umani migliori: l'impossibile, riflettendo sul trauma vissuto da altre persone, è non sentire il bisogno di aiutare. Guardando il film mi sono sentita fiera di aver contribuito subito, allora, come potevo. Poi ho smesso di sentirmi fiera e mi sono sentita... Umana.
Semplicemente umana.
E in colpa per non aver fatto di più.
Perché non facciamo mai abbastanza, ma questa non può essere una giustificazione.
"Qualcosa", rispetto a "niente", può fare la differenza fra la vita e la morte, per qualcuno.
Le emergenze sono tante, ovunque, anche vicine a noi. Dobbiamo necessariamente scegliere, ma non è una cosa negativa: scegliendo, la consapevolezza del dramma umano, animale, naturale del nostro pianeta arricchisce la nostra sensibilità, la nostra determinazione, il nostro coraggio, la nostra coscienza.
Essere consapevoli di tutto ciò che sta dietro a delle immagini da TG o a un titolo di giornale è molto più importante di quanto ci hanno abituati a credere.
Importante e necessario per cambiare noi stessi e, di conseguenza, il mondo.
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