venerdì 19 novembre 2010

Ricordi d'infanzia: ma siamo sicuri?

Se avete un profilo Facebook, sapete che dal 15 al 20 novembre è stata "istituita" la settimana dell'infanzia, invitando tutti gli iscritti a sostituire la propria foto con quella di un cartone animato che amavano da piccoli.
Per riempire Facebook di ricordi d'infanzia, appunto.
Esperimento riuscito: la stragrande maggioranza dei miei amici ha aderito subito.
E visto che si erano già fregati Lady Oscar, Candy Candy, Creamy, Jeeg Robot e compagnia bella, potevo scegliere fra Scooby-Doo e la Stella della Senna. Ho optato per la seconda (ma non temere, Scooby: tu resti sempre il mio preferito. La paura scatenata dalle tue indagini mi ha portata dritta dritta verso horror, vampiri, zombies e compagnia bella. Facilitandomi il lavoro. Più e più volte).
Effetto collaterale: tutti questi cartoni animati rievocano quei ricordi d'infanzia che ti segnano.
Come quando ti vesti da fatina per Carnevale, in quarta elementare, e siccome indossi una parrucca viola riccia tutti ti chiamano "Satomi".

A quel punto, dopo aver spiegato all'ennesimo piccolo bastardo in corridoio che non sei Satomi dei Bee Hive bensì una fatina, non ti resta che una scelta: infilarti in bagno, toglierti il costume da fatina sopra ai vestiti, ripresentarti in jeans e maglioncino, farti prestare una cravatta dal primo adulto che incontri (tipo il maestro due classi più in là) e dire a tutti che sì, sei travestita da Satomi.
Ho fatto di necessità virtù. Ero già avanti.
Ma non abbastanza da evitarmi tutta un'altra serie di traumi infantili, che puta caso affollano i miei pensieri giusto in questi giorni, per colpa di quei maledetti cartoni animati.
Tipo: sempre alle elementari (non chiedetemi quando: ho rimosso) mia madre mi aveva affidato un libro ("Come nascono i bambini") da consegnare alla maestra come traccia per spiegarci che in effetti i cavoli e le cicogne tendono a farsi i fattacci loro. Era un libro per bambini, che con cagnolini, omini e donnine spiegava quello che prima o poi tutti dobbiamo sapere.
Va da sé (ma senza malizia, giuro!) che io ho pensato bene di arrivarmene in classe e mostrare tronfia il libro, che ha fatto il giro dei banchi creando inaudito scompiglio e facendo anche scoppiare in lacrime i più impressionabili. E' seguito predicozzo della maestra di ore ed ore, ulteriormente seguito da predicozzo materno al rientro a casa.
E poi, ancora: il crudele compagno di classe Jacopo (ah, se ti becco su Facebook vedi!), ben sapendo che io ero terrorizzata dai serpenti, tutte le mattine nascondeva il mostruoso cobra di gomma che qualche scellerato gli aveva regalato, lungo tipo 12 metri (ma forse ero piccola io, eh) in modo che mi cadesse addosso. O che qualcuno me lo lanciasse. E giù lacrime.
Vi risparmio il resto (le botte in cortile perché io volevo giocare a calcio coi maschi e invece mi toccava saltare con l'elastico, le proverbiali cadute dall'armadio mentre giocavo a fare Michael Knight e l'imitazione di Valentino mentre ero intenta ad aprirmi la strada da stilista con Gira la moda) ma prima di chiudere vi delizio con l'atroce memoria scaturita sempre per colpa della settimana dell'infanzia.
Vado più indietro: ero all'asilo. Dalle suore (come le medie: ecco spiegato com'è che alle superiori non ho fatto l'ora di religione). La mia cara, adorata Suor Guglielma (giuro. Davvero. Si chiamava così, pace all'anima sua) ci aveva detto che non bisognava mai parlare durante la preghiera del mattino. Mai. Assolutamente vietato interrompere.
Mi sono sempre chiesta, quindi, com'è che la suora e la mia mamma, venuta a portarmi un cambio d'abiti, non capissero perché non avevo segnalato l'urgenza di fare pipì durante la preghiera, preferendo lasciare che la natura facesse il suo corso.
Misteri.
D'infanzia.

7 commenti:

  1. Oddio effettivamente non ci avevo pensato o___o ora mi fai ripensare a tutti i traumi che ho avuto da bambino mannagg a tte!
    Certo che te mi batti alla grande però :P

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  2. Eh, caro Antonio io gioco nella categoria "professionisti", eh. Tu nomina un qualche genere di figura imbarazzante, e io l'ho fatta. Potrei anche raccontarti di come, nei primi giorni di Università, sono riuscita a beccare l'unica sedia rotta (il sedile di plastica era solo APPOGGIATO alle gambe di ferro) cadendo in mezzo ad un simpatico riflettore (era un laboratorio di cinema) e rimanendoci incastrata. Mi sono anche fatta male, mi sono. Ma mi sono rialzata facendo finta di niente (dopo che un compagno mosso a pietà mi aveva tirata fuori dal cavalletto del riflettore).
    Come vado? :-D

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  3. Oh mamma :D ma complimenti! Dovresti raccogliere il tutto accompagnato da testimonianze e magari qualche disegnino esplicativo e ci verrà fuori un best seller :D

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  4. Ce l'hai ancora quel libro? Ci sono ancora dei dettagli che mi sfuggono....

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  5. Sì sì, scrivici un libro intitolato "Da zero a 16: i peggiori anni della nostra vita" o "Chi ha detto che l'infanzia è un periodo sereno?", se vuoi ti presto i miei ricordi di bambina cicciona che vestivano con la divisa da coccinella (corrispettivo femminile del lupetto) con cappellino con elastico sottomento mozza-respiro... Marina

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  6. Ti lascio il primato delle figuracce, ma per me tengo quello del maggior numero di "mazzate" prese tra asilo e scuole elementari! :P

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