martedì 5 novembre 2013

The Walking Dead - Episodio 4.4: Indifferenza


Tutti cambiamo”. Ha perfettamente senso, anzi: è il tema della puntata di ieri sera. Che da oggi, poiché non mi troverete più a scrivere sui siti FOX, commenterò qui. Perché tutti cambiamo... E non sarebbere così inquietante, se a ricordarcelo non fosse Lizzie, che - in caso qualcuno ancora avesse dei dubbi - è evidentemente una bambina disturbata. A prescindere dagli zombie, intendo. L’ossessione di Carol per lei e sua sorella, scaturita dalla promessa fatta al padre e dall’evidente bisogno di prendersi cura di un sostituto della bambina che ha perso, non la aiuta. Le sue parole però sì: forse le salveranno la vita. Forse la renderanno ancora più disturbata. Questione di prospettive. È sempre e solo questione di prospettive. 


Anche se combatti, non devi arrenderti. E poi un giorno... Cambia, e basta. Tutti cambiamo”. Il nocciolo della questione sta tutta qui: ci sono due gruppi in difficoltà. Cambiare. Cambiare se stessi, cambiare idea, cambiare prospettiva, cambiare priorità. Ci sono due gruppi a dimostrarcelo: uno che va in cerca di cibo e farmaci per salvare i compagni dall’epidemia e un altro, partito alla ricerca delle stesse cose, che si trova braccato dagli zombie. Con azioni e reazioni che remano contro la sopravvivenza del gruppo (come quelle di Tyreese e Bob). Subito dopo che Carol ha ripetuto fino alla nausea a Lizzie che non deve arrendersi e che deve combattere, Tyreese si vuole arrendere. Vacilla.

La sopravvivenza è tutto, come sempre. Ma come sempre, la questione è: quanto in là ci si può spingere per perseguirla? Carol si giustifica con Rick, che non solo non sembra comprendere, ma è assorto nei suoi pensieri. Sappiamo a cosa sta pensando, vero? Pensa che Carol è fuori controllo, una mina vagante troppo pericolosa per il gruppo. E infatti, alla fine... Ma andiamo con ordine. L’alternanza fra il racconto dell’avventura dei due gruppi si muove parallelamente, per giungere alla stessa conclusione: l’istinto è quello di perdonare, capire, aiutare. Ma la ragione, alla fine, spinge ad allontanare, punire, proteggere i propri cari a discapito delle mine vaganti. Come Carol e Bob

Tyreese agisce senza più riflettere, mosso dalla rabbia e da una vaga ricerca della morte, un elemento classico delle zombie story. Ricordate? La ricerca della normalità è l’unica cosa che impedisce di impazzire. E quando la normalità viene spezzata, arrivare sull’orlo della follia è un attimo. Così come per Rick - sempre e solo per lui, se ci fate caso: il leader è uno e le decisioni difficili deve prenderle lui - è un attimo imbattersi in nuovi sopravvissuti. Innamorati, un po’ fuori di testa, tendenzialmente incapaci di sopravvivere a lungo contro i mangiapelle, come li chiamano loro. Ma nel mondo post-invasione si prende tutto, giusto? I pochi umani sopravvissuti che incontri devi accettarli come se fossero un dono, come se ti piacessero, come se volessi dal primo minuto che entrassero a far parte della tua famiglia, quella che ti sei costruito con fatica. 

Non ci sono alternative. Non più, almeno: dopo gli uomini uccisi nel bar, dopo gli scontri con Woodbury, dopo i tradimenti e le bugie, è arrivato il momento di prendere, accogliere, aiutare. Anche se non puoi evitare di chiederti: i più deboli, che non hanno saputo o voluto affrontare l’orrore, meritano compassione? È la solita, vecchia, infallibile teoria dell’evoluzione: solo i più forti sopravvivono. Mentre si confronta la vita di prima con quella di oggi, la necessità di adattarsi o morire, il bisogno di fidarsi degli altri e la paura di farlo. E i vizi. Daryl non permette a Bob di crogiolarsi nei sensi di colpa per la morte di Zach. Non subito, almeno. Non prima di cambiare prospettiva

La morte è democratica, così come lo è la sopravvivenza: sopravvivono anche gli psicopatici, gli alcolisti, gli ingenui, gli inetti. Ma non importa più: non resteranno più soli. Daryl lo dice chiaramente, perché ogni singola vita è importante. Finché non diventa un pericolo per la collettività. Carol chiede a Rick di affrontarla, ricordandogli di aver ucciso Shane e paragonando le loro scelte alla “semplice” eliminazione di una minaccia. Ma le cose sono più complesse di così, noi lo sappiamo bene. Adattati o muori. Carol si è adattata: corriamo col pensiero alla sua vita di prima nell’esatto momento in cui lei la ricorda. Il marito che la picchiava. La figlia che ha perso. Sophia, la bambina innominabile. E Lori, la moglie innominabile. Rick e Carol sono uniti nel dolore, ma separati nella loro nuova prospettiva.

I morti non sono solo quelli che ti inseguono per ucciderti. I morti sono anche quelli che rimpiangiamo, che ci spezzano il cuore, che ci rendono così difficile andare avanti. Perfino quando non li conosciamo e non li vorremmo nelle nostre vite, come per i ragazzi incontrati da Rick e Carol. Rick non era sicuro di volerli portare con sè, all’inizio, ma è sicuro di essere dispiaciuto per averli persi, alla fine. Si cambia idea. Come fa Daryl quando scopre che Bob ha rischiato la vita (sua e degli altri) per salvare una bottiglia. Le prospettive cambiano in fretta, nel mondo di The Walking Dead. E non lo fanno mai a caso: ogni giorno è un’avventura, un’occasione di redimersi, una possibilità di pentirsi. Si può morire, si può far morire un altro.

Rick si fidava di Carol, ma dopo quello che ha fatto teme per i suoi figli. È pronto ad allontanarla, a lasciarla lì fuori da sola, convinto che possa sopravvivere. E lei, incredibilmente, è pronta ad accettare la sua decisione. Le prospettive cambiano in fretta, già. E in men che non si dica, Carol parte a bordo di un’auto, da sola. La donna che aveva così paura di restare sola da accettare un marito violento se ne va facendo affidamento solo sulle sue forze, mentre gli altri tornano a casa. Daryl, Michonne, Tyreese e Bob hanno trovato quello che volevano, hanno lottato per salvarlo e si dirigono verso la prigione. Rick ha fatto la scelta che riteneva giusta (ma che lo tormenta, è evidente) e si avvia da solo verso casa. Una casa che non è più quella di prima...

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