In ospedale le giornate durano quaranta ore, le notti settantadue. Più o meno.
E in ospedale (sono entrata così: sorridente e fiduciosa. Vedi foto. E per capire come sono uscita... vedi seconda foto), contrariamente a quanto si crede, NON si dorme.
Il trucco, me l'ha detto il mio amico Leo ma purtroppo era troppo tardi, è dormire di giorno.
Perché di notte ci sono compagne di stanze con attacchi psicotici che ti assalgono; compagne non psicotiche ma con seicento di glicemia, che giustamente si lamentano; infermiere che sclerano (sì: voce del verbo sclerare) coi pazienti nella stanza di fronte; infermieri che ridacchiano e si chiamano urlando da una parte all'altra del corridoio perché le suole degli zoccoli, a far quattro metri, si consumano; monitor in allarme che suonano ininterrottamente per ore...
Fortunatamente, però, in ospedale ci sono anche le infermiere e le caposala gentili.
Le operatrici socio-sanitarie (OSS, per gli amici) pazienti e spiritose.
"Ottimo, così finiamo pari", direte voi.
E no.
Col cavolo.
Qui non è solo questione di personale.
Qui è soprattutto questione di organizzazione. Di struttura. Di sistema.
Dal 27 settembre al 5 ottobre sono stata ricoverata in una struttura privata convenzionata (ho scoperto con incredulità, da ricoverata, che non si trattava di un ospedale pubblico) scelta perché uno degli specialisti che mi segue da ormai oltre due anni lavora lì. Dovevo fare un intervento esplorativo in anestesia totale, rivedere la terapia e possibilmente spararmi un po' di ferro in vena perché ho tipo 8 di emoglobina e la cosa, mi fanno sapere, non va esattamente bene.
Ho sei malattie autoimmuni, non rispondo più agli steroidi (sono diventata cortisone-resistente dopo soli 6 anni di assunzione continuativa del farmaco, che testarda pure io eh?!) e sono ad alto "rischio cose brutte".
Insomma, una volta ogni anno - anno e mezzo, all'incirca, per urgenze, esami o altri finisco ricoverata.
Questo era il mio nono ricovero (appendicectomia inclusa).
Non sono esattamente una novellina, per dire.
E sono stata ricoverata in parecchi posti diversi.
Disgraziatamente, poco in cliniche private (è l'ultima volta, giuro. Sanità pubblica, non mi cucchi più, non mi cucchi! Dovessi accendere un nuovo mutuo!).
La buona notizia è che più o meno ovunque la situazione è uguale.
Quella cattiva è che la situazione uguale è anche mediamente drammatica.
Potrei scriverci un libro, su questa esperienza.
Forse lo farò.
Poco ma sicuro, però, qui non voglio scrivere un post chilometrico.
Perciò mi limiterò ad un classico "ho visto cose...".
Tanto per darvi un'idea.
Ho visto un medico prescrivere una terapia ad una delle mie compagne di stanza, e ho visto il medico del mattino dopo cancellarla a suon di "non è tamponata correttamente" (con l'insulina, intendeva dire) e ottenere risultati ancora peggiori del primo medico.
Ho visto per 9 giorni - tanto sono stata lì - gente che passava lo straccio sul pavimento della stanza e del bagno, ogni mattina. Ho visto gente che puliva il water con uno straccio bagnato in un secchio sul carrello, senza altri detersivi. E non ho mai visto gente fare le polveri - né sui tavolini, né sul tavolo, né in bagno (sul davanzale della finestra accanto al wc, per esempio) in NOVE giorni. Mai.
Ho visto 3 volte al giorno, per 9 giorni, arrivarmi farmaci sbagliati.
Ho capito che prendo duemila pastiglie al giorno, lo so da me che è difficile non incasinarsi. Ma c'era un'infermiera, UNA SOLA, che riusciva a seguire le prescrizioni. Ce la faccio pure io, che non sono manco infermiera. Non può essere così difficile...
Ho visto degli OSS che mi rallegravano la giornata con qualche battuta, insieme a qualche infermiere ed infermiera. Ma ho anche visto due giovani infermiere urlare a squarciagola contro un paziente che si strappava la flebo e si lamentava. Come se la mia compagna di stanza non se la fosse strappata due volte, spargendo sangue ovunque...
Ho visto il reparto deserto in qualche occasione, con i campanelli che suonavano a vuoto.
Ho visto delle infermiere non di turno passare a salutare i pazienti più gravi, per far loro una carezza.
Ho visto la consueta ignoranza e maleducazione dei parenti altrui, che non rispettano le regole, né te che magari stai male e cerchi di dormire.
Ho visto il meglio ed il peggio degli esseri umani.
Ho visto tutto, insomma.
Ho visto una lettera di dimissioni scarna, senza risultati dei tanti esami fatti e con una terapia identica - salvo uno sgradito quanto inutile aumento di cortisone - a quella del ricovero.
Ho visto che, come al solito, in ospedale ti curano tanti medici diversi e ciascuno fa di testa sua. Ignorando a volte ciò che scrivono i loro colleghi. Ignorando puntualmente ciò che affermi tu.
Resta questo, fra tutto ciò che ho visto, a colpirmi di più: i medici NON ascoltano i pazienti.
NON forniscono spiegazioni convincenti sulla terapia (se le chiedi: se non chiedi, zitti e mosca).
NON passano nemmeno quando tua madre chiama perché stai male (l'infermiera avverte la dottoressa... e la dottoressa non passa. Ha da fare, povera. Ma niente panico: la mattina dopo, con calma, passerà la tirocinante dodicenne a dirti che la febbre "può essere tutto e niente").
Ho visto sei giorni senza mangiare nulla (manco la camomilla, vergogna...) di cui quattro senza nutrizione in vena perché le vene si frantumano a causa del cortisone e la fantomatica midline (se volete farvi una cultura, cliccate) non s'è mai vista.
Ho visto l'infermiera inesperta che mi ha preso un nervo sulla mano con l'ago, facendomi quasi svenire, dire alla caposala che "non capiva cos'avevo, chiaramente mi ero solo agitata".
Grazie al cielo, ho visto anche la caposala preoccuparsi della cosa e capire, senza che le dicessi nulla, che ci vuole ben altro per agitare solo la sottoscritta...
Ho visto locali gelidi, wc rotti, luci non funzionanti ed incomprensioni fra reparto e cucina (incomprensioni che pesano su di te, che ti rifiuti di mangiare solo un omogeneizzato di carne che non dovevi mangiare, per quattro volte di fila).
Ora però vedo solo una cosa.
La mia casa, mio marito e i miei cani.
E una bella clinica privata nel mio futuro... No, eh?
Chiaretta....perchè non vai a Striscia la notizia?!?! :) Mi si è gelato il sangue... Fortunatamente ho poca esperienza con gli ospedali perchè grazie al cielo non ne ho raramente avuto bisogno, ma ho purtroppo avuto a che fare con il mio medico di famiglia che dopo un paio di mesi continuati di nausea, sa dirmi soltanto che sono incinta...cosa che non sono...Teniamo botta...! E che Dio, o chi per lui...ci assista!!!!
RispondiEliminaFede
Ti capisco...ho visto tutto anche io!
RispondiElimina...E ci piacerebbe NON VEDERE più queste cose. O almeno parte di esse.
RispondiEliminaVero ragazzi? :-)
:(
RispondiEliminaMa l'importante è che sei di nuovo a casa.
Un abbraccio
Io quest'anno ho passato un po di tempo in ospedale, l'unico modo per dormire la notte è stato usare una radiolina con auricolari, la musica mi ha aiutata a tranquillizzarmi e a dormire come un ghiro, ovvio devi poterlo fare e questo dipende dal reparto in cui sei stata ricoverata.
RispondiEliminaPer il futuro in bocca al lupo
Crepi, cari!
RispondiEliminaGrazie, un abbraccio a tutti voi!
Ho le lacrime agli occhi Polee... meno male che sei uscita di lì ...un abbraccione stella
RispondiEliminaIo ricordo solamente quando mi stavano per operare al ginocchio. Un secondo prima di esssere addormentato l'anestesista mi chiese se ero allergico al lattice (per i tubi di drenaggio di lattice): io gli dissi di sì, e lui se la prese con me perchè non avevo segnalato la cosa al dottore. In realtà avevo segnalato eccome le mie numerose allergie, solo che i risultati delle analisi erano state perdute dagli stessi medici.
RispondiEliminaSei-come-l'assi-piglia-tutto,se-non-hai-il-pacchetto-completo-non-sei-"contenta"
RispondiEliminaNon-perdere-tempo-e-passa-questo-scritto-a-un-Lars-Von-Trier-qualsiasi,il-soggetto-purtroppo-è-valido,vedi-mai-che-ne-uscisse-un-film-decente..,questa-volta.
Un-bacio,Leo
Ho letto di una Donna fantastica che riesce a sorridere, e a far sorridere, anche quando vorrebbe mandare al diavolo il mondo.
RispondiEliminaHo letto di una Donna che affronta le sue battaglie senza lamentarsi col destino,D-o o la sorte.
Ho letto di una Donna forte, dolce, autoironica, simpaticissima e tanto tanto carina nonostante tutto.
Ho letto di una Donna che più la conosco più la stimo e la rispetto.
Grazie.
Vorrei essere come te.
Paola
Grazie Paola,
RispondiEliminami hai commossa.
Un bacio grande.
E grazie a Leo, e a tutti voi, non avete idea di quanta forza siete in grado di regalarmi :-)
chiara, in punta di piedi ti mostro la mia stima, oserei dire il mio affetto che di certo non può mai essere come quello che le persone che ti conoscono possono darti......... Inizialmente eri solo la giornalista che mi "illuminava" su LOST (e continui a farlo quando chiedo) ... ora pian piano sei una lezione di vita... senza retorica o banalità.... ti abbraccio ... Giusi Alderuccio
RispondiEliminaciao zia, sono Amberle...
RispondiEliminain ospedale, come forse ricordi, ci lavoro. e ho scelto di non lavorare in una degenza proprio perchè a vedere certe cose sarei diventata una belva, a dir poco, perchè so che succedono, perchè di stronzi che lavorano in sanità ce ne sono tanti, e che oscurano i tantissimi che invece lavorano con coscienza, e bene, cercando di fare solo del loro meglio.
a parziale discolpa della categoria posso solo dire che al momento lavorare in sanità è un delirio, per svariate ragioni: personale costantemente insufficiente, straordinari dimenticati da tutti (tranne da chi li fa: dopo 1,5 mesi a 11 ore al giorno te le ricordi tutte, le ore devolute in beneficenza), strutture che a definirle vecchie non si rende l'idea, fondi insufficienti pure per la carta igienica. questo però non giustifica comunque il pressapochismo, l'ignoranza e la maleducazione che purtroppo a volte si vede in giro (lavoro in una diagnostica, a volte mi verrebbe da chiedere ai colleghi se la laurea l'hanno presa coi punti del latte).
un abbraccio forte forte.