lunedì 2 agosto 2010

Adattati tu, che m'adatto anch'io

Okay, è passato un po' di tempo in effetti. La cosa mi è un attimo sfuggita di mano e questo post è caduto nel dimenticatoio.
Lo ripesco.
Di questi tempi, del resto, non si butta via niente. No?
L'ispirazione veniva dalla presentazione del nuovo Devoto-Oli (edizione 2011), fedele (e... devoto, appunto) compagno d'avventure quotidiane della sottoscritta.
Tale presentazione mi ha fatto venire in mente che bisogna cogliere l'attimo.
Così colgo l'occasione per levarmi un sassolino dalla scarpa. Anzi, due.


Il primo: a me da bambina hanno insegnato che le parole composte "menomale, perbene, SOTTOFORMA buongiorno e buonasera" si scrivono senza separazione. Saranno stati altri tempi, che ci posso fare.
Mi hanno insegnato che "se stesso" si scrive senza accento, ma su "sé" - quando è solo - l'accento ci va.
Mi hanno insegnato anche che "qual è" si scrive senza apostrofo e che il verbo dare, alla prima e alla terza persona del tempo presente, modo indicativo, si scrive accentato: io dò, egli dà.
Oggi per alcune di queste parole i dizionari riportano l'odiata dicitura "corrette entrambe le forme": parole separate che si possono anche scrivere unite, accenti che si possono mettere o non mettere.
E' normale che una lingua, nel corso degli anni, si adatti e si evolva, ma la tendenza italica - fatemelo dire - è quella di accettare gradualmente le forme errate perché tutti... ne fanno largo uso in modo non corretto.
Dall'avvocato all'insegnante.
Dal giornalista al medico.
Tipico di noi italiani: "Non è giusto, ma se lo fanno tutti... va bene lo stesso".
E non solo per la grammatica.
Arriverà il giorno in cui, a forza di leggere qual'è (soprattutto sui giornali, ad opera dei miei stimati colleghi), anche questa forma verrà accettata. Me lo sento.
Arriviamo così al secondo sassolino: scrittori e giornalisti che hanno trasformato la forma in un optional.
Si sono impegnati a tal punto, che i lettori arrivano a scrivere recensioni dei libri o degli articoli con frasi sul genere "la forma non scorre proprio, ma il contenuto c'è".
Ma dico io.
Dove siamo, a scuola?
Che facciamo, diamo un 6 per l'impegno agli autori perché hanno avuto qualche buona idea, sebbene non l'abbiano esposta nel modo corretto?
Per me questa è fantascienza.
La forma è la prima cosa.
Non si scrive, tantomeno (un'altra parola che io ho imparato a scrivere così, in un tutt'uno) lo si fa per mestiere, se non si è in grado di esprimersi correttamente e chiaramente.
Perché, a dispetto di quanto affermano molti, si scrive principalmente per se stessi, certo - o almeno è così per me - ma lo si fa per comunicare con gli altri.

Per intenderci: non è che io abbia bisogno di un blog per condividere le mie idee... con me stessa.
Ce la faccio a saltare la parte scritta, intavolando interessanti discorsi col mio cervello come fa Homer Simpson.
Scrivo per condividere le mie idee, le mie passioni, i miei dubbi, le mie difficoltà e le miei gioie con chi mi legge. Si tratti dei miei amici o di lettori casuali che passano per caso da queste parti.
Ergo, lo faccio con cura - o almeno ci provo - perché voglio che il messaggio arrivi forte e chiaro, e che non sia "faticoso" per il destinatario.
Evitiamo i mallopponi incomprensibili da leggere.
Io ne conosco una che usa una serie infinita di paroloni desueti di cui nessuno comprende il significato per far vedere che ha studiato (nemmeno benissimo, a dirla tutta) e poi scrive cose tipo "centra" (ci entra) senza apostrofo, o sottoscritto così: sotto scritto.
Più Devoto-Oli e meno lauree ad casacciom, va.

3 commenti:

  1. Chiara mi sono permesso di pubblicarlo anche sul mio blog. Brava. www.serialtvandcinema.com

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  2. Dico la verità: «menomale» mi mancava.

    Però posso fare il grammarnazi? Si scrive «È», non «E'». È un errore che proprio non sopporto, al pari dell'accento sbagliato su «perché»

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