Cerchiamo di capirci.
A causa dei miei recenti interventi su Lost si è ripetuto ciò che era accaduto ai tempi del libro su Buffy: sono stata sommersa da messaggi al grido di "Sì, vabbè, che bello... Però evitiamo di prenderci troppo sul serio: è soltanto un telefilm". Con quell'uso un po' sprezzante del termine: telefilm. Come se fosse una cosa brutta.
Ora.
L'ho già spiegato in diverse occasioni, sia qui sul blog che sul Magazine di Fox: che i telefilm offrano intrattenimento, a volte anche un po' "scacciapensieri", è indubbio.
Ma che vadano presi sul serio anche solo per il fatto che sono seguiti da qualche milione di persone in tutto il mondo, che meritano rispetto, è altrettanto indubbio. E con "presi sul serio" intendo semplicemente "trattati in maniera professionale". Almeno da chi, ad esempio, ne scrive per lavoro.
Se parlo del paradigma hollywoodiano, degli archetipi (per introdurre un'analisi di Lost) e della teoria del viaggio dell'eroe per spiegare un po' meglio i meccanismi narrativi (anche) televisivi, non è perché mi annoio.
Voglio dire: sapete che pacchia limitarsi a tradurre le news americane tutti i santi giorni, rielaborare i comunicati stampa per dare notizia dell'arrivo o del ritorno della tal serie o, ancora peggio, scopiazzare gli articoli di qualcun altro sostituendo sette parole su cinquecento?
Minimo sforzo, massimo rendimento: prendi una news o un comunicato, magari ci metti su un bel timbro "esclusivo" (quando in rete ne hanno già parlato tutti) e voilà. Il gioco è fatto.
Per non parlare del gossip: prendi una notizia qualsiasi, ci scrivi sopra un bel pezzo di colore e te ne sbatti altamente di verificare le fonti. Te ne basta una, qualunque essa sia. Anche (e preferibilmente) il giornale scandalistico più becero.
Fortunatamente non fanno tutti così. Ma sono pochi a credere che tutto, perfino il gossip, si dovrebbe fare in modo serio almeno dal punto di vista della verifica delle notizie.
Il mio campo sono i telefilm, quindi è ovvio che quando ho iniziato a fare questo lavoro mi sono messa a seguire i principali siti e le principali riviste specializzate. Cosa che, lo ammetto con un po' di imbarazzo, non faccio più da tempo: io leggo gran poco sui telefilm.
I siti che seguo davvero si contano sulle dita delle mani.
Perché non ho voglia di imbattermi ogni santo giorno nello sport nazionale preferito di quelli che, di fatto, così facendo diventano detrattori delle serie tv, oppure nel baraccone della diffusa pratica di "riportare le notizie". Che va bene per le agenzie stampa. Che va benissimo, anzi è ottimo per tutti i siti amatoriali, di qualsiasi genere.
Ma che magari non va bene per chi si occupa di spettacolo in modo professionale.
Eppure c'è gente che lo fa tutti i giorni e ha il coraggio di chiamarlo lavoro creativo.
Io ho preso una decisione quando ho iniziato a fare questo lavoro, tanti anni fa: non avrei mai copiato da altri. Avrei cercato, quando possibile, di non limitarmi mai a tradurre semplicemente una notizia: benché le informazioni da dare siano quelle, se traduco parola per parola ne informo il lettore e se non lo faccio ci metto del mio. Che so: un commento, una battuta, un riferimento alla carriera dell'attore in questione e all'influsso che ha avuto sulla mia vita. Un'impostazione del pezzo in qualche modo personale. Qualcosa del genere.
E' chiaro che poi, quando la notizia la devi dare subito e senza girarci intorno, la scrivi con le informazioni che ti hanno dato. Ma se facessi sempre e solo così mi parrebbe di rubare il pane.
Tanto più con gli approfondimenti: un conto sono le news, dove - ripeto - si può spaziare in modo piuttosto limitato. E un conto sono gli approfondimenti, le recensioni, le critiche. Lì non ci sono limitazioni, se non lo spazio. Lì un critico che prende seriamente il suo lavoro può dare il meglio.
Che si tratti di un lancio, del commento ad un episodio o della recensione di una serie o di un film, io cerco di prendere il mio lavoro in modo serio. Se scrivo qualcosa di negativo e mi vengono chieste spiegazioni a riguardo, mi impegno per motivare al meglio le mie impressioni.
Io mi baso sempre sugli strumenti d'analisi della sceneggiatura ("nasco" come sceneggiatrice, solo dopo sono diventata una giornalista) e del linguaggio audiovisivo in genere.
Cerco, quindi, di fondare le mie impressioni personali, i miei gusti e le mie scelte su una base in qualche modo oggettiva.
Ci ho messo una vita a costruirmela. Anni ed anni di studio (che non finisce mai). E tanta, tanta pratica.
Ecco perché mi dà fastidio sentirmi dire, parafrasando, che "sono solo canzonette".
Magari è vero, ma se la gente ci passa le sue giornate, ci investe tempo, denaro (magari creando un fans club, un sito, un forum...) e passione (servendosene per distrarsi da pensieri ben più seri e gravi), la cosa merita il mio rispetto. E la mia professionalità.
Certo: sono stufa di trovare in giro scopiazzature del mio lavoro. Una volta si sono addirittura copiati il mio articolo (con tanto di foto) per poi accusare me di aver copiato (qui: ho recuperato il link. Divertitevi).
Ma non sarà certo questo ad impedirimi di continuare a sbattermi, passatemi il termine per una volta, nel tentativo di comunicare qualcosa. Di offrire un nuovo punto di vista. Di stimolare una discussione.
E' il mio lavoro, accidenti.
E lo faccio piuttosto bene. O no?
Applausi!
RispondiEliminaE' l'invidia di chi si lascia intrattenere da cani e porci senza capire *cos'è* che lo intrattiene. E quando scoprono che a intrattenerli sono solo cose superficiali se la vengono a prendere con chi gli dà le prove inoppugnabili che Lost (o una qualunque altra serie all'apparenza troppo cervellotica) superficiale non è.
Lost non sarà scritto da premi Nobel per la letteratura (al massimo qualcuno degli autori potrà arrivare all'Oscar per la sceneggiatura, magari Lindelof con il prossimo Star Trek!) ma rimane il fatto che la passione per questo telefilm non è solo una mania di pochi fans, ma un sincero e dovuto rispetto verso un'opera acuta nella concezione e perfetta nella produzione. Sì, poi ha pure qualche difetto...
Poi, Lost a parte, ci sono pure serie scritte da gente che il Nobel per la letteratura potrebbe meritarlo (penso a quelle di impostazione similteatrale, quelle che si basano sui dialoghi e sul lavoro degli attori). Insomma, c'è qualità, creatività, arte, cultura. Non tutti i telefilm nascono per mero showbiz (si guardi ai cloni di Lost che si sono affidati al filone mystery e stanno floppando uno dopo l'altro).
Caro Francesco,
RispondiEliminahai proprio ragione: tutti noi, di tanto in tanto, ci lasciamo intrattenere un po' "a sproposito". Magari perché siamo a caccia di un'informazione diversa. Magari semplicemente perché finiamo per imbatterci in qualcosa che non ci saremmo mai messi a cercare volutamente.
Comunque sia, io la vedo così: che si parli di giardinaggio, di animali domestici, di make-up, di medicina o di telefilm non fa differenza.
Che lo si faccia con un tono serio oppure scherzoso, non fa differenza.
Ci deve SEMPRE essere il rispetto per il lettore, che significa assumersi la responsabilità delle informazioni che si stanno danno e prendere sul serio l'impatto che le nostre parole possono avere sugli altri.
:-)
Brava, Chiaretta!!! :D
RispondiEliminaAdoro quando scrivi post del genere! :D
Ci vuole molta, molta, molta pazienza per fare questo lavoro!
Fra l'altro, quel tizio è fantastico... aveva copiato il tuo articolo scritto perfettamente, ma nelle sue aggiunte c'erano punteggiatura sbagliata, mancanza di accenti, di apostrofi, tempi sbagliati e la mitica conclusione con la parola "anzia". XD