lunedì 5 marzo 2012

Ma un bel "e chi se ne frega" ce lo vogliamo mettere?

Italia, 2012: se dici che sei omosessuale, finisci al centro dell'attenzione perché lo dici.
Politici e vip ti sostengono pubblicamente per farsi belli agli occhi dei media al grido di maronna-quanto-so'-moderno.
Se non lo dici, finisci nell'occhio del ciclone perché non lo dici, con politici e vip che ti danno del vigliacco perché non difendi i diritti dei tuoi "simili".
Simili.
Chissà cosa intendono, poi.
Esseri umani, forse?
Ma tutta 'sta mania di etichettarsi? Ma che è?
Possibile che il giorno dopo i funerali di Dalla su Twitter non si legga altro?


Fatemi dire una cosa sull'argomento.
Colgo l'occasione.
Io sono felicemente eterosessuale, ho un sacco di amici gay e francamente me ne frego di chi ama chi.
Ma saranno poi fatti di ciascuno di noi?
Disapprovi?
Benissimo: taci.
Approvi?
Benissimo: taci ugualmente.
Perché qui non c'è bisogno di approvazione o disapprovazione perché qualcuno faccia in libertà le sue scelte. O segua la sua natura. O la metta come accidenti voglia metterla lui.
Certo, siamo nel Paese dell'Ipocrita Felice quindi l'etichetta è un must, politico e culturale.
Ma se provassimo a smetterla?
Personalmente ho un sacco di antipatie, magari anche generate da qualche pregiudizio duro a morire, figuriamoci se sono perfetta, ma sicuramente non riguardo alla sfera sessuale.
E' più facile che l'orientamento politico di qualcuno possa influenzarmi, ad esempio.
Ma non i suoi gusti sessuali.
E comunque, anche l'orientamento politico alla fine non t'interessa se ti trovi di fronte una persona aperta al dialogo, intelligente ed interessata a comuncare con te.
Sarà per questo che non solo non capisco, ma ammetto di essere molto infastidita da tutto questo parlare di cose private.
Muore una persona e bisogna assolutamente sapere che relazioni aveva con le persone vicine... Perché?
Per sapere a chi mandare fiori e telegrammi di condoglianze?
Non credo proprio.
La maggior parte di quelli che parlano, oggi, inclusa la sottoscritta, nemmeno la conoscevano, quella persona che ora non c'è più.
Una persona come tutti noi.
Con sentimenti ed opinioni che magari non sentiva il bisogno di condividere con tutti.
Che forse preferiva esprimere (o no!) in altro modo.
Per dire.
Siamo tutti bravi a giudicare.
Ma un conto è spettegolare sul vicino che tradisce la moglie, un altro è mettersi a pontificare su chi sta con chi sbagliando.
Cari, guardate che ce n'è già uno, qui, che pontifica, eh.
Posso non essere d'accordo, ma alla fine... mi rendo che è il suo lavoro, in un certo senso.
Il suo lavoro.
Non il nostro, né quello di tutti gli altri.
E allora, mi chiedo: quand'è che i "tutti" di turno non sentiranno più il bisogno di lanciare etichette, di ogni genere, dall'alto di un piedistallo costruito sull'ipocrisia?
Non sarebbe meglio parlare di questioni più urgenti?
Di quelli che, magari, rubano, imbrogliano e ci fanno finire nei guai?
Non siamo culturalmente già abbastanza arretrati per metterci anche a discutere di chi ama chi?

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