martedì 16 settembre 2014

Dimmi cosa linki e ti dirò chi sei

Facebook, si sa, è fatto per restare in contatto, per farsi compagnia, per stringere nuove amicizie, ritrovare quelle vecchie, condividere interessi.
Sostanzialmente, però, è un modo per farsi i fatti altrui.
Credevo quindi che dagli status e dai commenti avrei capito qualcosa di più delle persone che conosco.
Mi sbagliavo: su quello, siamo tutti più o meno coerenti. Più o meno.
Sono i link, la chiave.
Dimmi cosa condividi e ti dirò chi sei.

Condividere un link (con l’eccezione di link a contenuti propri) significa dar voce a qualcun altro, condividendo la sua opinione.
A meno che non si condivida qualcosa per criticarlo (e lo si può fare nell’apposito post di commento), “condividere” vuol dire “abbracciare una tesi”, “sposare una teoria”.
E qui casca l’asino, come si suol dire.
Ho visto cose che voi umani…
Ho visto gente insospettabile, che pensavo di conoscere bene, condividere link abominevoli.
Crudeli, scorretti, o semplicemente diametralmente opposti ai pensieri espressi abitualmente da quella gente.
Ipocriti, quindi.
E ai miei occhi, tutto è cambiato.
Ci sono cose che non si riescono a dimenticare, pensando ad alcune persone.
I link condivisi su Facebook, in qualche caso, rientrano in questa categoria.
A volte sono perfetti per scoprire come la pensa qualcuno su un determinato argomento, che magari prima non aveva mai affrontato.
Ma più spesso sono fonte di contraddizioni, di idee che ti fanno pensare a pulsioni celate, a comportamenti sul genere “dico A e faccio B”.
Provate a farci caso, se finora non vi è capitato: avrete delle sorprese.

I “mi piace” sono un’altra storia.
Si mette un like a un post non necessariamente perché lo si condivide. 
Si mette un like a un post per far piacere a chi lo ha scritto, magari.
O perché ci ha divertiti, anche se non lo condividiamo del tutto.
Insomma: per me è diverso dalla condivisione.
O, almeno, io mi comporto di conseguenza: sono più attenta alle condivisioni (per quanto mi riguarda, spesso sono link divertenti: ci vuole un po’ di leggerezza, via!) che ai “mi piace”.
A ogni modo, non mi vergogno di quello che condivido, che scrivo o che “mi piace”.
Nel bene e nel male, su Facebook ci sono io.
Con tutti i miei difetti e i miei sbagli.
Con tutte le mie cantonate e le mie imperfezioni.
E voglio RESTARE io.
Ragion per cui, non ho mai usato pseudonimi per scrivere su un forum.
Non ho mai cancellato commenti che mi segnalavano sviste nei miei articoli: ho ringraziato, segnalato che avrei corretto e lasciato i commenti.
Non ho nemmeno mai insultato chi non conosco e, per oscure ragioni, mi ha insultato per primo. Non prima di cercare di capire, se non altro!
Ho sempre risposto con garbo, o con ironia.
Perché nessuno dice che si debba subire in silenzio, soprattutto quando gli attacchi sono immotivati, o guidati da informazioni errate, o pretestuosi.
Però, se mi è capitato di usare toni più “duri” (in casi di assoluta necessità), non ho mai dimenticato l’educazione.

Facendo il mio lavoro capita continuamente di imbattersi in chi non condivide le tue idee e non si premura di fartelo notare gentilmente.
Piuttosto, mi è spesso capitato di imbattermi in chi mi insulta al grido di “non capisci niente”.
Va bene così.
Perché per uno che ti insulta ce ne sono tre che ti scrivono “mi hai fatto riflettere”, oppure “io invece ho questa idea a riguardo”. E sono pronti a scambiare opinioni. 
Lo ripeto da anni: siamo qui, in rete, per condividere.
Non link. 
O non solo.
Siamo qui per condividere idee, passioni, esperienze.
Si può imparare tutti i santi giorni, dagli altri.
Impariamo come comportarci e come non comportarci.
Vediamo ciò che vogliamo essere e ciò da cui vogliamo stare alla larga.
Ecco perché credo che sia inutile nascondersi dietro uno pseudonimo.
O dietro le opinioni più “comode”.

A costo di scatenare, per questo, gli insulti di chi non la pensa come me.

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