lunedì 30 giugno 2014

La Polee Bookaholic: i libri di giugno 2014

Mese fiacco, ma non per mancanza di tempo o di voglia di leggere. Mi ritrovo con titoli meno numerosi del solito a causa della Grande Impresa: Moby Dick. Lo sto leggendo dai primi giorni di giugno, ma ho dovuto inframmezzare con altri libri. Volevo leggerlo da tutta una vita, a forza di sentirlo citare, ricitare e stracitare da romanzi, film e telefilm americani. Così, finalmente l’ho affrontato. Sono al 42% del libro e di Achab ancora nessuna traccia, o quasi. In compenso so tutto dell’anatomia di ogni balena esistente dalla notte dei tempi. Melville non si dà una mossa, e io ho capito come mai è “il” romanzo di riferimento della letteratura americana: perché loro, purtroppo, non hanno Dante, Manzoni, Verga e via dicendo. Chi s’accontenta gode, si dice. Ma io sto soffrendo parecchio, con questo romanzo…
Ne parleremo meglio quando lo finirò, il mese prossimo (spero). Per il resto, ecco qui: qualche cocente delusione - nonché fregatura: ridatemi i soldi! - (come nel caso di Questa volta tocca a te), qualche scoperta molto gradevole (Cercando Alaska) e il solito mix di generi e autori che mi diverto a esplorare. E un altro romanzo impegnativo (per la lunghezza), questa volta finito: Il cardellino.
Buona lettura!

55. Questa volta tocca a te di M.J. Arlindge
Pubblicità ingannevole. Ecco come si definisce il lancio di questo libro con la frase “È nato il nuovo re del thriller”. Se questo è un Re, stiamo freschi. Da dove comincio a raccontare perché questo romanzo è terribile? Dalla sensazione di déjà vu che ti pervade per tutta la lettura? Dalle assurdità che mostrano come l’autore non abbia fatto un minimo di ricerca (le basi scientifiche, se parli di fame e di sete, non possono adattarsi alle esigenze narrative! Uno resiste 15 giorni e un altro diventa uno scheletro in 4…). Dalla prevedibilità della trama? Dalla banalità del vero colpevole, in stile soap opera da due soldi? Dalla psicologia spiccia (ma proprio spiccia) sulla quale sono stati costruiti personaggi-macchietta? Non ci siamo proprio. Questo è l’equivalente letterario di un B-movie in cui tu capisci chi è la talpa e ipotizzi chi sia l’assassino entro i primi sette minuti, mentre i protagonisti ci mettono un’ora e mezza.

56. Il cardellino di Donna Tartt
Ammetto di essere rimasta interdetta: è come se questo libro fosse stato scritto da due persone diverse. La prima metà del romanzo è appassionante, coinvolgente, carica di ottime ragioni per proseguire la lettura. Poi, d’un tratto, tutto cambia: il ritmo (le descrizioni e gli aneddoti diventano lunghi. Troppo lunghi. La storia si poteva raccontare in metà dell'imponente spazio occupato: quasi 900 pagine); lo stile (si parte da una prosa precisa e pulita per passare a una sorta di stream of consciousness a tratti delirante - scandito da una punteggiatura stravolta: incidentali su incidentali, per pagine intere, alternate a frasi brevi e lapidarie); la verosimiglianza (se la prima parte appassiona proprio perché ci si cala nei panni del protagonista, la seconda lo vede al centro di scenari da B-movie. Con personaggi stereotipati e situazioni fin troppo prevedibili); i personaggi: sia il protagonista che il suo (carismatico, all'inizio) amico-alter ego scadono pagina dopo pagina, diventando sempre più delle macchiette travolte dagli eventi. 
Non mi spiego questo cambiamento: se è voluto, io non ne ho colto il valore. Se invece, come temo, è inconsapevole, allora sarebbe stato meglio rimetterci mano. E se invece deriva dal fatto che bisogna fare così per vincere il Pulitzer, allora capisco tutto!

57. Baciami come uno sconosciuto di Gene Wilder
Questo non è “l'esilarante racconto di una vita avventurosa” che Mel Brooks anticipa nella sua prefazione. Tutt’altro. Questo è il racconto di una vita vera, con tutte le sue imperfezioni, i suoi errori e le sue incertezze. Con il caso che si mette di mezzo (Gene Wilder lo ricorda continuamente: se non mi fosse successo questo non avrei incontrato quest’altro e non sarei andato in questo posto…). Nella vita di Gene Wilder e nel modo che ha scelto di raccontarla non c'è la massiccia quantità di divertimento che ci si poteva aspettare: ci sono le battute, certo. Frequenti. E riuscite. Ma ci sono anche i drammi: la malattia della moglie (l'indimenticabile Gilda Radner), la propria malattia, i problemi di comunicazione con la figlia adottiva, le sedute di psicoterapia e la tossicodipendenza di Richard Pryor… Il tutto raccontato con garbo e leggerezza. E con quel velo di ottimismo - ecco dove sta il vero valore di questo libro - che solo i grandi uomini riescono a infonderti persino mentre ti raccontano i dolori più grandi. 

58. Cecità di José Saramago
Premessa: ho visto “Blindness”, il film tratto dal romanzo di Saramago, più di una volta. Si tratta di una trasposizione molto fedele del romanzo, quindi la suspense della trama, con me, è andata persa: sapevo già cosa sarebbe successo. Ciononostante ho trovato la scrittura di Saramago appassionante, e arricchita di ciò che il film non ha potuto inserire: lo sguardo a volte feroce, a volte canzonatorio, a volte perfino divertito, che il narratore rivolge agli eventi per riflettere sulla natura umana e sulle regole della società “civile”. In un mondo senza nomi - perché quando non si vede più nulla, i nomi e l’aspetto esteriore non contano più: conta solo la sostanza - Saramago sale in cattedra per raccontare una storia e giudicare, con discrezione, le scelte dei suoi personaggi. Volge il suo sguardo sulle scelte dei personaggi, accuratamente selezionate per mostrare tutti gli aspetti dell’animo umano: egoismo e generosità, incapacità di affrontare le difficoltà e capacità di trovare risorse anche nei momenti più disperati, inclinazione al perdono e alla vendetta. In un mondo in cui le regole non valgono più e bisogna inventarne di nuove… Facendo i conti con la propria coscienza. 

59. Red Velvet - 8 racconti tra le poltrone del cinema Odeon di Autori Vari
In questo ebook realizzato da “La macchina dei sogni”, associazione culturale e scuola milanese di scrittura, otto autori esordienti vedono pubblicata la prova finale di un corso di scrittura. Obiettivo: narrare una storia ambientata (o in qualche modo legata, ispirata, vissuta) allo storico cinema Odeon di Milano. Il mio amore per il cinema ha trovato soddisfazione in questi racconti. Alcuni filano meno di altri, in certuni si trovano le ingenuità tipiche di chi si cimenta per la prima volta con la scrittura (il denominatore comune? Le imprecisioni nei dialoghi: a volte inverosimili, spesso conditi da termini “derivati” dai film, non comuni nell’uso italiano del linguaggio e quindi non credibili, in altre occasioni imprecisi o un po' troppo forzati) ma fa tutto parte del gioco. Ci sta, in questo gioco. Il gioco di scoprire le emozioni di aspiranti scrittori che si raccontano attraverso storie e personaggi molto diversi fra loro, legati dall’amore per il grande schermo e per un luogo che, per gli amanti del cinema, è una tappa obbligata.

60. Angeli e zombie di Alden Bell
Quando si affronta un argomento “di moda” come gli zombie, già sfruttato in ogni forma possibile (letteraria, cinematografica, televisiva…), cercare l’originalità a tutti i costi può portare al disastro. Proprio come accade in questo romanzo, che nonostante le incongruenze fra l’età della protagonista e il suo modo di esprimersi (è analfabeta e troppo giovane per conoscere i fatti e le usanze ai quali fa riferimento), scorre abbastanza velocemente. La storia è scritta in modo da non consentire al lettore di fermarsi troppo a pensare a ciò che non torna, il che è sintomo di furbizia da parte dell’autore. E allora perché rovinare tutto? Perché inserire un elemento “nuovo”, totalmente estraneo all’apocalisse post-zombie, per cercare a tutti i costi qualcosa di inedito? Forse Bell pensava di fare quel “twist” improvviso che trasforma un racconto in un altro, sorprendendo (positivamente, il più delle volte) il lettore. Peccato che qui non funzioni: tutto fila via abbastanza liscio fino a quando creature che non hanno niente a che vedere con il mondo narrato fanno la loro comparsa. E complicano tutto. Complicano la vita al lettore, più che altro. Che senza di loro, magari, avrebbe anche potuto apprezzare la storia nonostante le suddette incongruenze…

61. Cercando Alaska di John Greene

Non sapevo nulla di questo romanzo. Non conoscevo ancora l’autore, non avevo letto il retro di copertina, non sapevo nemmeno a quale genere appartenesse. Il titolo mi suggeriva qualcosa di avventuroso, ma è stata la copertina ad attrarmi. Mi sono fidata dell’istinto e ho fatto una grande scoperta. Un romanzo incentrato su un gruppo di adolescenti che non sono stereotipati, prevedibili o “forzati” come spesso accade con i personaggi della loro età. “Cercando Alaska” è un romanzo di formazione, una storia incentrata sull’amore, il dolore e il perdono, il racconto di ragazzate che traghettano i protagonisti nell’età adulta un compito in classe dopo l’altro, uno scherzo dopo l’altro, un dramma dopo l’altro. La scrittura è scorrevole e coinvolgente. L’ironia trapela in diversi punti, senza nulla togliere alla “serietà” con la quale impariamo a vedere un gruppo di ragazzini che hanno qualcosa da dire. Magari lì per lì non sanno come esprimerlo, ciò che hanno da dire, ma alla fine della storia che li vede protagonisti ci hanno insegnato qualcosa. Qualcosa sull’amore, sul dolore e sul perdono.

2 commenti:

  1. Sai cosa mi piace tanto di questo post? Che non ho letto nessuno di questi titoli (fa eccezione Moby Dick che però è "fuori-corso"), il che ne eleva il grado di utilità a: massimo. Cercando Alaska è proprio il titolo che ho scelto per scoprire un po' John Green di cui si parla così tanto in rete in questo periodo e a giudicare da quel che ne dici qui credo non solo di aver scelto bene, ma che finito ciò che ho in corso andrò proprio a leggere questo. Continua a navigare con Moby Dick, non te ne pentirai!

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    1. Grazie, allora tengo duro! Sono andata avanti ancora un pochino, poi ho attaccato "Il richiamo del cuculo". A piccole dosi, attendo il momento in cui si entrerà nel vivo :-) Bacioni!

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