Ed eccoci alla fine di marzo, e al consueto post con le letture di questo mese. Lo schema è sempre lo stesso: recensioni SPOILER FREE (anche se ho fatto un'eccezione, opportunamente segnalata) e numero progressivo di libri letti dall'inizio dell'anno.
Non è stato un mese particolarmente fortunato: sono incappata in svariate letture deludenti. Anche da parte di autori che finora non mi avevano mai delusa. Va anche detto che il libro peggiore del mese... Come dire. Me lo sono cercato. Sapevo che avrei dovuto evitare, ma per ignoti motivi non l'ho fatto. Ben mi sta!
Fortunatamente, c'è stato anche qualcosa di buono. Molto buono. Enjoy :-)
27. Patient Zero di Jonathan Maberry
Affrontando il quinto libro di Maberry, dopo aver apprezzato gli altri quattro, non credevo di poter incappare in un tale disastro. E invece sì. “Patient Zero” è degno di un classico: “Zombie? Dove, dove?”. Perché qui non ce ne sono. Questa non è una zombie story come quella che ci si potrebbe aspettare dall’autore dalle Cronache di Benny Imura. Questa è l’evoluzione (o meglio l’involuzione) del personaggio spaccone e stereotipato già protagonista de “La notte degli zombie” (che nonostante questo, vista l’abbondanza di zombie, era stato un successo). La passione di Maberry per i B-movie emerge chiaramente da questa che più che un romanzo è una sceneggiatura bell’e pronta per il Van Damme di turno che indossi i panni di Joe Ledger, un personaggio così scontato (nelle battute, nell’atteggiamento, nel combattimento, perfino nell’abbigliamento) da essere fastidioso. Gli zombie, poi, sono un’arma in mano ai terroristi e ricoprono un ruolo di minaccia che avrebbe potuto essere ben più spaventoso di come risulta nel romanzo. Insomma: mi sono sciroppata 500 e rotte pagine in carta (per altro con dei “contenuti speciali” ai quali si dovrebbe accedere con un codice tramite il sito, peccato che il sito non funzioni. E ho provato molte volte, in giorni diversi) e ho ottenuto una storia noiosa, prevedibile e così zeppa di luoghi comuni culturali e narrativi da risultare irritante. Sconsigliatissimo. Leggete Benny Imura - perché quello sì che va letto - e fermatevi lì, se non volete che Maberry vi diventi indigesto.
28. La bibbia al neon di John Kennedy Toole
Ecco come dare un senso all’espressione: “cocente delusione”. Ho comprato questo libro di John Kennedy Toole dopo aver letto “Una banda di idioti”, che continuo a considerare un capolavoro. Ho acquistato il libro in carta, che come sapete non è la mia passione, perché ero determinata a ritrovare quell'ironia, quella sagacia, quei dialoghi imperdibili che mi avevano stregata nell'altro romanzo. Ebbene: qui non ci sono. La storia è molto drammatica, ma anche se non me l'aspettavo avrebbe potuto non essere un problema. Però finisce per esserlo per una serie di ragioni che lo trasformano da “drammatico” a “pesante”. Il narratore è un ragazzo che scrive come un bambino. Sebbene il livello di istruzione sia compatibile con il linguaggio adottato, le descrizioni sono estremamente noiose e lo stile risulta piatto. Soprattutto, l’approfondimento psicologico che aveva fatto di “Una banda di idioti” un grande romanzo, qui è assente. Ci sono degli sviluppi totalmente ingiustificati, a partire dal colpo di scena finale. Se decidi di spingere una storia in una determinata direzione devi prepararle il terreno. Qui non è stato fatto. Probabilmente, se non avessi già letto “Una banda di idioti”, mi sarei limitata a giudicare “Una bibbia al neon” un’occasione mancata. Invece, avendola cercata e fortemente voluta, ci sono rimasta male e devo definirla una cocente delusione.
29. Annus Mirabilis di Geraldine Brooks
Quello che mi è piaciuto di più? La varietà degli aspetti trattati nella cittadina di Eyam, colpita dalla peste nell’Anno del Signore 1666. La Brooks ha fatto molte ricerche storiche, ha letto diari e resoconti e ha inserito nella storia del villaggio, narrata dal personaggio immaginario Anna, non solo il dramma del contagio ma anche e soprattutto l’aspetto umano e sociale della vicenda. “Annus Mirabilis" restituisce riflessioni sulle superstizioni dell’epoca, sulla caccia alle streghe, sull’ipocrisia di uomini e donne capaci di cambiare opinione (o schieramento, o atteggiamento) in un batter d’occhio. Racconta il dolore, l’amore, la disperazione, la ricerca di risposte in una religione che per alcuni è un conforto, per altri uno strumento punitivo. La follia, l’avidità che spinge a uccidere, rubare, mentire. L’ignoranza che diffonde il vero male: l’egoismo. Anna ci presenta il villaggio e i suoi abitanti, ci racconta il suo drammatico passato, ci colpisce con la sua capacità di perdonare e di amare, di tenersi alla larga da una superstizione che le menti più illuminate riconoscevano come tale, mentre le menti deboli o semplicemente ignoranti cercavano come un faro nella disperazione. In un’epoca oscura, nella quale ciascuno deve arrangiarsi, la peste colpisce senza distinzione. Nella morte e nell’orrore l’equità sociale raggiunge il suo apice e la paura del male si dimostra per quello che è: l’incapacità di accettare le proprie responsabilità o il semplice destino. In un romanzo che descrive la durezza di una vita nella quale un solo attimo di pace e felicità può fare la differenza fra la voglia di andare avanti e la perdita della ragione.
30. Dopo di Koethi Zan
All’inizio l’ho trovato irrispettoso perché racconta una storia che, disgraziatamente, è molto simile alla traumatica esperienza raccontata da diversi fatti di cronaca, e scontato per via di un approfondimento psicologico piuttosto affrettato, tanto da lasciar pensare che l’autrice non avesse mai sentito parlare di attacchi di panico. Poi a partire dalla metà (ma dover attendere metà libro è troppo!) “Dopo” decolla. Per un attimo. Prima di ripiombare verso il basso. La tensione cresce, i personaggi iniziano a differenziarsi (all’inizio parlano tutti nello stesso modo, tanto che fatichi a distinguerli). Subito dopo però le indagini e l’aspetto investigativo della storia finiscono per essere del tutto deludenti, scontati. Abbiamo già capito quali personaggi sono coinvolti nella faccenda dal primo momento. Abbiamo risolto il caso “misterioso” prima ancora di arrivare alla fine. Dopo il breve attimo di speranza, che dura una manciata di pagine, torna il fastidio: irrispettoso, sì. Sarà che ho letto “3096 giorni”. Sarà che trovo criticabile l’ispirarsi a fatti così drammatici realmente vissuti da qualcuno per farne un romanzo così banale. Sarà che già odio la trasposizione televisiva della CBS, che immagino riprenderà i difetti del romanzo. Ma ecco, insomma, non ho apprezzato. E sconsiglio vivamente. Soprattutto per l’avviso dell’editore, ciliegina su una torta di fastidio: un “avvertimento” che prima di leggere il finale (per altro prevedibilissimo) ti informa che continuando a leggere ti impegni a non rivelare a nessuno il finale del romanzo. Roba che ti fa venir voglia di stampare dei volantini con il finale e distribuirli a tutti quelli che incontri per strada…
31. Di Ilde ce n’è una sola di Andrea Vitali
Mi sono chiesta più volte come faccia Vitali a essere così prolifico. Sforna un romanzo dopo l’altro, come se fosse costantemente ispirato. Forse lo è, ma con questo suo lavoro ha parzialmente risposto alla mia risposta: come fa a essere così prolifico? Facile: sforna anche testi immaturi, un po’ buttati lì, privi dell’attenta costruzione tipica dei suoi romanzi più riusciti (che sono tanti, quasi tutti). Per me resta un punto di riferimento: il suo stile non si smentisce ma il potenziale del contenuto in questo caso resta inespresso e soprattutto senza un finale adeguato. Un vero peccato, come il linguaggio insolito e un po' volgare che compare per la prima volta nei suoi scritti (almeno per quanto mi riguarda come lettrice). Insomma, la storia della nostra Ilde avrebbe potuto diventare un altro lavoro emblematico della bravura di Vitali, invece si è trasformato in un’occasione persa. O in un incidente di percorso.
32. La clessidra infranta (Diario di un sopravvissuto agli zombie 3) di J.L. Bourne
Nella recensione di “Oltre l’esilio”, secondo capitolo della saga di “Diario di un sopravvissuto agli zombie”, avevo scritto che potevo sopravvivere (gioco di parole voluto) senza sapere come terminava questa storia. Ed era vero, proprio vero. Per ignoti motivi, invece, alla fine ho voluto concludere la trilogia. Non l’avessi mai fatto. La spiegazione che tirano in ballo per la fonte dell’epidemia è a dir poco scandalosa. Non ve la dico per non rovinarvi la sorpresa? E invece no: certo che ve la dico! Perché non vi venga in mente di leggere ‘sta roba! Siete pronti? SPOILER - Una sola parola: Roswell. Sì, il famigerato incidente di Roswell del 1947. Ho detto tutto, credo. FINE SPOILER. Fantasia portami via, ma davvero. E per il resto? Non succede quasi nulla per tutto il romanzo. Quattro o cinque eventi intervallati da una noia mortale. Più mortale degli zombie. E più irreale degli zombie, che qui fra l’altro scarseggiano. Risparmiatevelo: non commettete il mio stesso errore, per carità!
33. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis
La scoperta del fuoco, la costruzione e l’utilizzo di piccoli arnesi, le armi, i fondamenti di una prima società, l'incontro con altre tribù, la caccia e il cibo, il matrimonio… Ogni scoperta dell’uomo ci viene raccontata con un’irresistibile ironia da un autore che conosce bene l’argomento (questo è l’unico romanzo di Lewis, che da bravo giornalista scrupoloso si documentò sull’argomento - anche per i racconti pubblicati in seguito). Le debolezze e le manie dell’uomo vengono prese in giro in un testo che ci presenta personaggi a conoscenza del futuro e della storia, e che si esprimono con un linguaggio da far invidia a un laureato di Oxford (come l’autore…). Il succo? Facile: pensiamo di aver ottenuto l’agognato Progresso e invece siamo rimasti (quasi) sempre gli stessi, sotto sotto… Divertente, originale e ricco di satira sull’uomo e la sua storia.
34. Un maledetto guaio, Kowalski di Antonio Chiconi
All’inizio, nonostante la totale mancanza di verosimiglianza (un’accozzaglia di luoghi comuni dei B movies americani, linguaggio incluso) che non fanno proprio credere che si tratti di personaggi italiani, l’ho trovato molto divertente. Mi piaceva questa esasperazione del cliché perché credevo che poi sarebbe stato preso in giro del tutto, magari decostruito. Invece no: a un certo punto appare chiaro che l’autore ha intenzione di continuare su quella strada e tutto diventa molto meno “simpatico” e molto più prevedibile (e un po’ fastidioso). Il protagonista, seduttore alla Dylan Dog (ogni donna gli cade ai piedi in quattro e quattr’otto, e non lo dimentica anche a distanza di anni), alla fine risulta un po’ una macchietta. Il potenziale però c’era. Peccato.
35. Romanzo di una signorina per bene di Anna Vertua Gentile
Ci ho messo un po’ a leggerlo perché dopo averlo iniziato ho attaccato il libro successivo (i Racconti umoristici di Tarchetti), inframmezzando la lettura. è una cosa che non faccio quasi mai, perché distoglie l’attenzione e spezza il ritmo, ma in questo caso non è successo: il racconto è così lineare che riprenderne le fila è molto facile. Ho apprezzato la modernità della scrittura e della descrizione dell’ambiente milanese che fa da sfondo alla vicenda, che per un testo del 1897 non passa inosservata. Però ho trovato il finale frettoloso. Noi lettori siamo avidi di dettagli dopo la conclusione che aspettavamo o che avevamo intuito (o che ci era stata suggerita da tempo). Vogliamo qualcosa in più. Qui non c’è e io ne ho sentito la mancanza.
36. Racconti umoristici: In cerca di morte - Re per ventiquattrore di Iginio Ugo Tarchetti
Io l’ho trovato un volume delizioso. Il primo racconto è senza dubbio più sottilmente ironico del secondo, pur divertente. L’umorismo di Tarchetti è garbato, intelligente, le descrizioni sono vivide. Non è un libro comico sul genere “battutacce in abbondanza”, bensì quel genere di libro “leggero” che piace tanto a me. Divertimento senza volgarità: proprio il genere di umorismo del quale sono sempre a caccia. E la sua età (è stato pubblicato per la prima volta nel 1869) testimonia che indipendentemente dall’epoca nella quale si vive si può scegliere in che modo raccontare storie divertenti…
37. Le braci di Sàndor Màrai
Non è da tutti raccontare l’incontro di due uomini che non si vedono da oltre quarant’anni, tenendoci con il fiato sospeso perché sappiamo che scopriremo la verità sul motivo che li ha allontanati, e giocarsi la tensione ricordandoci che ci sono cose che non vorremmo mai sapere. O che non dovremmo mai sapere. O che magari alla fine capiamo che non avremmo mai dovuto inseguire. “Le braci” è una storia d’amore, d’amicizia, di gelosia, di rivalità, di invidia, di generosità. Màrai condisce il suo racconto con una nobiltà d’animo d’altri tempi che, alla fine, si rivela un ingrediente incredibilmente moderno. Noi siamo sempre gli stessi, a quanto pare. Solo che in epoche diverse - come quella che fa da sfondo a questo romanzo - adottiamo tecniche diverse per dimostrarlo a noi stessi e agli altri.
38. Sulla pelle di Gillian Flynn
È ufficiale: adoro la scrittura di Gillian Flynn. Se “L’amore bugiardo”, pur piacendomi moltissimo, aveva rivelato qualche debolezza nella trama (roba da poco, intendiamoci), “Sulla pelle” non ne ha. L’approfondimento psicologico è come sempre adeguato (ecco cosa dovrebbero imparare le autrici di “Dopo” e “Nobody”, ad esempio). Le descrizioni sono vivide, la trama avvincente, i personaggi affascinanti. E come ne “L’amore bugiardo”, naturalmente, c’è molto di più: il racconto delle ferite dell’infanzia, il modo in cui le parole feriscono (letteralmente…), gli eventi che contribuiscono a formare la nostra personalità, i demoni che ciascuno di noi deve affrontare e i modi - più o meno bizzarri, scabrosi, dolorosi o cattivi - che usiamo per farlo. “Dopo” si legge tutto d’un fiato e colpisce per le citazioni, le metafore efficaci, la capacità dell’autrice di non sbagliare mai un colpo, di non lasciar mai perdere un’occasione. Consigliatissimo.
Di Gillian Flynn ho letto "Nei luoghi oscuri": un libro che tiene incollati il lettere pagina dopo pagina. Bellissimo.
RispondiEliminaMi segno anche questo suo titolo allora :)
Dopo l ho letto anche io questo mese e il più grande uomo scimmia l ho iniziato soltanto ma condivido i pareri su entrambi
RispondiEliminaCiao Chiara, una piccola domanda: ma il quarto volume di Benny Imura è uscito in italiano? Perché non lo trovo da nessuna parte, nemmeno su amazon...tu l'hai letto in inglese o cosa? XD
RispondiEliminaCiao! Ancora no, siamo in attesa... Tocca aspettare per concludere la saga. Ma a quanto ne so dovrebbe uscire a breve! Speriamo :-)
EliminaGrazie per la risposta...è che nell'articolo hai scritto di aver letto già tutta la saga e che PZ era il 5° libro di Maberry che leggevi...per questo mi è sorto il dubbio! ^_^
EliminaSì, scusa, 5° libro con i tre della saga, La notte degli zombie e Patient Zero. Ma mi sa che dopo Patient Zero mi limiterò a finire Imura, poi lo saluto Maberry. :-D
EliminaGrazie ancora! ^_^
Eliminacercavo il nome di uno scrittore -toole- e mi sono rivolta al tuo blog per avere la risposta tiiii pare!? LEADER POLI....ovvio. ciaooooo ;)
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