venerdì 5 giugno 2015

La Polee Bookaholic: maggio 2015

Eccoci a un nuovo appuntamento bookaholic. Dieci titoli nuovi di zecca con le consuete recensioni spoiler-free e i consigli sui libri che secondo me sono da leggere oppure da evitare. Come sempre, c'è un po' di tutto: generi diversi, dai manuali alle riscritture dei classici, dalla fantascienza al poliziesco. Ho scovato dei titoli interessanti e sono incappata in qualche delusione. Soprattutto, però, ho imparato qualcosa, come succede ogni volta che mi immergo nella lettura. Spero che troviate pane per i vostri denti di lettori affamati!

Il magico potere del riordino di Marie Kondo
Alla fine il giudizio è positivo: il mio guardaroba si è dimezzato, ho trovato le giuste motivazioni per dire addio a roba che conservavo inutilmente da anni, e col metodo del “piegare in verticale” ho raddoppiato lo spazio nei cassetti. E sì, è proprio vero: nonostante l’impegno, ormai da un mese non riesco più a incasinare il guardaroba. Di solito, dopo il “repulisti” di turno, ci mettevo meno di una settimana. Leggere questo libro mi ha dato la carica per affrontare il temutissimo cambio di stagione e sono molto soddisfatta del risultato. Però ho anche parecchio da ridire. Non condivido alcuni dei consigli (per esempio quelli sulla sistemazione dei documenti). Inoltre, parlare ai vestiti e alle scarpe ringraziandoli e augurando loro la buonanotte a fine giornata è da pazzi, dai. Forse non in Giappone ma certamente in Italia, dove i calzini non si stendono uno sopra l’altro “altrimenti non riposano bene”. Calzino appallottolato tutta la vita. Segnalo infine che come in molti manuali, la prima parte del libro è noiosa e piuttosto inutile: ripete ossessivamente “il mio metodo vi cambierà la vita” e bla bla bla in tutte le salse, per allungare il brodo. Arrivati al dunque, ci sono suggerimenti molto utili, altri opinabili (vedi sopra) e alcuni inammissibili. In Giappone forse i libri li buttano, ma a me hanno insegnato che i libri sono sacri. Se proprio vuoi disfartene (ma perché, poi?), donali a una biblioteca, a una scuola, o a qualcuno che vuole leggerli. Ma buttarli, proprio, no!

La selva oscura
Questo titolo mi ha attratta moltissimo, da subito. L’ho acquistato in ebook e ho iniziato subito a leggerlo, colta da una dantesca frenesia e dai ricordi scolastici dello studio della Divina Commedia. Ho avuto una grande professoressa di italiano, che riusciva ad appassionarti anche ai testi più “faticosi”. E Dante, di faticoso, non ha proprio nulla. Dopo la lettura de “La selva oscura” devo dire che l’esperimento è stato interessante, oltre che molto coraggioso: mettere le mani sul classico dei classici non è da tutti. Peccato che il risultato, secondo me, sia piuttosto deludente. Tutto il pathos, la sorpresa e il ritmo scaturiti dai versi di Dante vengono appiattiti dalla prosa, che racconta lo stesso viaggio attraverso l’inferno, ma che in qualche modo lo banalizza. A tratti non sembra nemmeno di avere a che fare col sommo poeta, con Virgilio e con tutti i personaggi che affollano il suo capolavoro, e ci si annoia abbastanza. Magari dei giovani lettori si avvicineranno all’opera grazie a questa riscrittura, e magari avranno anche voglia di affrontarla nella sua versione originale. Ma “modernizzare” Dante non è stata l’idea vincente, perché non ha tenuto conto di un elemento fondamentale: la Divina Commedia era già incredibilmente moderna.

L’estraneo di Leonardo Fiumefreddo
L'ho acquistato su Amazon e letto su richiesta di un amico, che avendolo già letto voleva il mio parere spassionato a riguardo. Ed eccolo qui: non mi è piaciuto granché. Al di là della mancanza di originalità (tutto ciò che accade è riconducibile ai lavori di Fiebag, Faber e molti altri autori che avevo già letto), le mie obiezioni sono principalmente due. Innanzitutto, l’impianto morale della narrazione non regge. Tutta la vicenda ruota attorno alla decisione, piuttosto sbrigativa (tanto da spingere l’autore a “giustificarla” in più occasioni con qualche frase apposita) di superare un certo limite. Senza stare a raccontare troppo, per non spoilerare chi volesse leggerlo, mi limito a dire che l’approfondimento psicologico è insufficiente visto il perno della trama e il superamento del famoso limite è troppo brusco e ingiustificato. Il che, naturalmente, fa “cadere” la credibilità delle azioni successive. La seconda e maggiore obiezione è relativa all’utilizzo dei cliché: i personaggi sono estremamente stereotipati. Ma non lo sono, come spesso accade in letteratura, per sorprendere il lettore con azioni tipicamente slegate da quegli stessi cliché, bensì per rappresentare “tipi” umani che risultano prevedibili e inverosimili rispetto alla realtà italiana nella quale il romanzo ambientato (atteggiamenti e persino modi di dire a fanno riferimento all'America dei film e delle serie tv, più che all’Italia che ben conosciamo). Le tappe della narrazione, di conseguenza, sono tutte piuttosto scontate. Non è difficile capire dove l’autore andrà a parare, soprattutto - come accennavo - per chi ha una certa esperienza come lettore di fantascienza.

L’isola della sacerdotessa dell’amore di Christopher Moore
Dietro la storia di Tucker Case, condita come sempre dalla geniale ironia di Moore e da metafore più o meno esplicite sui mali della nostra società, si nascondono messaggi profondi. Quella del pilota che combina un guaio, un grosso guaio, e viene spedito su un’isola semi-deserta per fare un lavoro di cui non conosce i dettagli, è una storia di riscatto. L’inetto Tucker Case, dedito alla goliardia e abituato a pensare solamente a se stesso, imparerà sulla propria pelle che compassione ed empatia sono tutto. Grazie alla fede nella possibilità di farsi perdonare una vita di eccessi senza scopo, Tucker si affianca a un popolo di “selvaggi” dal bizzarro credo (quello della Sacerdotessa del Cielo), che a loro volta attraverso la fede cambieranno il proprio destino. Non vi dico di più per non rovinarvi sorprese e per non anticipare troppo la trama. Mi limito a consigliarvi di leggere questo romanzo che, come tutti quelli di Moore, ci trascina in un viaggio divertente e avventuroso, alla scoperta della strumentalizzazione della fede, della voglia di cambiare il mondo, dello sfruttamento dei più deboli e di un crimine che, alla fine, non paga. Mai.

Arma Inferno - Il mastro di forgia di Fabio Carta
Premessa: questo non è un romanzo adatto a tutti. A me è piaciuto, tutto sommato (e dico “tutto sommato” solo perché secondo me è uno di quei testi adatti più agli uomini che alle donne, poi vi spiegherò come mai). Ho trovato interessante l’esperimento di Carta, ma mi rendo conto che si tratta di un testo piuttosto impegnativo, con un linguaggio arcaico che dà un sapore epico alla vicenda ma che rende anche la prosa non adatta a una lettura “d’evasione”. Ci vuole una certa concentrazione, insomma, perché il mondo di Muareb, in cui il sole sorge e tramonta due volte al giorno, è popolato da molti personaggi, i cui nomi non sono sempre facili da ricordare, e da titoli nobiliari o identificativi che bisogna imparare. Il mastro di forgia dunque è impegnativo, e non solo per la lunghezza. Mescolando fantascienza, col racconto di un futuro e di un mondo lontani, e avventura epica, con un ambiente e un linguaggio medievali, Carta racconta la storia del maniscalco Karan, aspirante cavaliere, e del Martire Tiranno Lakon, ex schiavo a cui Karan salva la vita. Sullo sfondo di un mondo in cui diverse colonie sono pronte a farsi la guerra, Karan e Lakon ci parlano di guerra, di amore (con un riferimento preciso all’amor cortese), di tecnologia. ci parlano molto di tecnologia, forse troppo. Ed è qui che trovo il testo poco attraente per la platea femminile e più adatto a quella maschile, che con i tecnicismi, si sa, si trova meglio. Gli avvenimenti non sono molti: ci si concentra piuttosto sui discorsi e le schermaglie fra gentiluomini e sulle descrizioni degli zodion, i destrieri meccanici usati dai cavalieri. Eppure, quando succede qualcosa si tratta di qualcosa di grosso: un combattimento, un’esplosione nucleare, una nomina che cambia la vita. O il racconto di un anno straordinario, di quelli che non si dimenticano mai.

La terza chimera di Alberto Bertoni
Non posso certo dire che la storia sia molto originale: tutti gli elementi principali di questo romanzo di Bertoni rendono omaggio a qualche opera precedente, anche molto famosa. E dico “rendono omaggio” perché questa assenza di originalità non è data dalla voglia di “copiare” qualcosa o qualcuno, ma dalla volontà di raccontare - con perizia, perché il libro è scritto davvero bene - un mistero che appassiona. Citando tematiche classiche del genere, con preziosi contributi scientifici dati dalla formazione dell’autore (biologo molecolare). Leggendo questo romanzo si percepisce chiaramente la differenza fra l’approccio a un genere e un tipo di intreccio già ampiamente saccheggiati con l’intenzione di dare il proprio punto di vista, e l’approccio che invece fa accostare a tematiche e storie già note col solo scopo di replicare qualcosa. Bertoni costruisce un’atmosfera affascinante, carica di tensione, che spinge il lettore a restare incollato alle pagine. Il tenente Sullivan ci trascina con sé alla scoperta di un segreto militare dietro al quale si cela - come spesso accade con la fantascienza di qualità - la paura del diverso. Con il bisogno di mettere a tacere le voci differenti e il timore di affrontare le conseguenze di azioni che l’uomo non avrebbe mai, mai dovuto commettere.

Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra di Roald Dahl
Due storie molto diverse fra loro, ma altrettanto efficaci nello stuzzicare la curiosità del lettore. In perfetto “stile Dahl”, tutto rimanda a una feroce analisi della società e dei suoi vizi. Come suggerisce il titolo, è l’imbroglio il vizio preso in esame da questo volume. Librai che si approfittano delle disgrazie altrui e aspiranti scrittori che pensano di rivoluzionare il panorama letterario automatizzandolo. “Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra” e “Lo scrittore automatico” sono due racconti senza tempo, che ruotano attorno alla perizia di uomini intenti a guadagnare sulle spalle degli altri. Anziché applicare il proprio ingegno allo studio di soluzioni originali e oneste, i protagonisti evidenziamo come la natura umana sia tesa verso la via più facile, costruita sulla fatica altrui. Fama e denaro sono il centro dell’universo per uomini come questi, che grazie all’immancabile morale di Dahl dovranno fare i conti con inattesi rovesci di fortuna. Perché il crimine potrà anche pagare, ma prima o poi presenta un conto salato…

Memorie di un vecchio giardiniere di Reginald Arkell
La vita di Herbert Pinnegar s’intreccia con quella del giardino in cui lavora per oltre sessant’anni, sullo sfondo di un mondo che cambia. Due guerre mondiali non sono nulla, però, se confrontate con il “furto” autorizzato di un fiore dal giardino o con la mancanza di rispetto per il capo giardiniere di una villa padronale. Attraverso una prosa scorrevole ed efficace nel restituire immagini poetiche di fiori e piante che ti viene voglia di cercare su internet, se non le conosci, per ammirarne lo splendore, Arkell ci regala un trattato sull’amore per la natura, sulla dignità del lavoro e nel lavoro, sul rispetto che ne deriva ma anche sull’importanza di affiancare alla passione per quello stesso lavoro anche una passione per le relazioni sociali e la famiglia. Fra consigli sul giardinaggio e riflessioni sul senso della vita, Herbert Pinnegar ci prende per mano e ci accompagna alla scoperta del mondo di una volta. Quello che solo un uomo dell’Ottocento, come Arkell, sa dipingere in una maniera così intensa da rendere vividi i colori di ogni pagina.

I gatti lo sapranno di Giovanni Ricciardi
Semplicità: ecco la parola d’ordine, nonché il segreto del grande successo, delle avventure del commissario Ponzetti. Prosa scorrevole, personaggi verosimili, un riuscito approfondimento psicologico volutamente riservato solo al protagonista (che ci racconta tutto in prima persona, come se ci stesse scrivendo una lunga lettera) e una trama non particolarmente complicata, ma ben distribuita lungo le varie tappe. Rifacendosi al titolo di una celebre poesia di Cesare Pavese, l’autore prende spunto da un’indagine che segue insieme ai suoi collaboratori per dipingere il quadro del quartiere romano in cui vive e lavora, e di una comunità nella quale tutti si conoscono. Ricciardi racconta una realtà che conosciamo, e ha dato vita a un uomo che cattura per la sua semplicità, la sua imperfezione, la sua grande umanità e il suo approccio “reale”, concreto, da romano e da italiano, alla vita privata e al lavoro di tutti i giorni. Ponzetti non è un eroe. Proprio per questo piace tanto.

I giovedì della signora Giulia di Piero Chiara

Gli elementi che contribuiscono alla riuscita dei romanzi di Chiara, scrittore che mi piace moltissimo, sono sempre gli stessi. E si trovano anche nella storia della signora Giulia: una trama semplice ma ben congegnata, con tempi precisi e rivelazioni distribuite con cura lungo la linea temporale. Il tutto, come sempre, è condito da una garbata ironia e da personaggi credibili, ai quali ci si affeziona. Il mistero, questa volta, riguarda la scomparsa di una signora benestante, moglie di un celebre avvocato penalista. E le sorprese, come sempre, non mancheranno: quando pensiamo di avere identificato il colpevole, o l’innocente ingiustamente accusato, dobbiamo ricrederci, in un gioco di specchi che propone al lettore due punti di vista opposti, mantenendo alta la tensione.

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