sabato 23 giugno 2018

Ipocrisia, porta(te)li via: lettera aperta a quelli che non si fermano

Ammetto che è un po' lunga, questa lettera. Necessita di qualche premessa ma ci arrivo, al punto, se avete voglia di seguirmi.
Cominciamo.
Questo cagnolino anziano e un po’ confuso in foto era in giro oggi, vicino a una strada trafficata dove raramente si rispetta il limite di velocità.
Ovviamente, nessuno fra i molti automobilisti, ciclisti, runner e passanti si è fermato per leggere la targhetta che aveva al collo e impedire che finisse sotto a una macchina. Nessuno, tranne noi. Io e il coniuge.
Il numero era illeggibile, il piccolo terrorizzato - ringhiava e abbaiava, non si faceva avvicinare - e a forza di aspettare abbiamo trovato un signore a passeggio col suo cane che lo conosceva. Si trattava di un altro di quei cagnolini abitualmente in giro da soli, con buona pace di proprietari poco attenti. Per non dire altro.

Risolto l'enigma, abbiamo aiutato una signora che si era persa e ci siamo fermati - noi, e solo noi - per controllare che un bambino piccolo apparentemente solo non fosse realmente solo (mamma si faceva beatamente i cazzi suoi al cellulare svariate decine di metri prima, mentre il piccolo si avvicinava all'attraversamento pedonale: l'avrebbero visto arrivare? Si sarebbe fermato? Sarebbe finito sotto un'auto? Fortunatamente, non abbiamo dovuto scoprirlo).

Morale della favola: io e il coniuge finiamo per dare una mano a qualcuno - dal ciclista incapace di cambiarsi una camera d’aria al piccione ferito, dal cane abbandonato o smarrito alla runner che si perde i documenti - almeno una volta alla settimana. Per tutto l’anno.
Ora. Statisticamente parlando, sapete questo cosa significa?
Facile: che c’è sempre qualcuno - persona o animale - da aiutare.
Basta uscire di casa, per vederlo. A volte nemmeno quello: si sente chiamare aiuto anche stando in casa.
Andando in giro, naturalmente, le "opportunità" sono di ogni genere. Se ne vedono di tutti i colori. 
Come quella insegnante, minacciata con una siringa insieme ai suoi due bambini, nella via principale di Seriate, che chiedeva disperatamente aiuto senza che nessuno si fermasse. Risultato: tanta paura e la sua auto rubata. In mezzo alla gente.
Ma chi se ne frega, no?
Voglio dire: mica era la vostra auto. Mica erano i vostri bambini, quelli terrorizzati. Tutto bene, dunque.
Se non fosse che poi, però, volete aprire i porti.
Andate a manifestare perché migliaia di sconosciuti vengano fatti entrare nel Paese, curati, assistiti e alloggiati fino a che le pratiche per l’asilo politico saranno espletate (in 90 casi su 100 con esito negativo, e dopo qualche anno).
Allora no. Manifestare è un diritto, certo. Ma in questo caso, non di chi non si ferma. Non di chi non aiuta qualcuno a un palmo dal suo naso.
Sapete perché volete aprire i porti? Per un solo, semplicissimo, banale motivo.
Perché non dovete occuparvene voi, di quelle persone. Ci penserà qualcun altro.
Così come qualcun altro si occuperà (?) delle donne e dei bambini in pericolo, dei cagnolini abbandonati, delle anziane in difficoltà e degli animali feriti.
Del resto, viviamo in un Paese in cui le donne - è capitato ripetutamente, a Milano come a Roma - vengono stuprate in pieno giorno senza che nessuno muova un dito. 
Regola numero uno: farsi i fatti propri e tirare dritto.
Poi, però, volete aprire i porti...

A manifestare per aprire i porti, avrebbero dovuto esserci gli operatori delle Onlus e i volontari che li assistono, quelli che arrivano dal mare.
E non certo chi, fra voi, non si ferma per degnare di uno sguardo neanche donne e bambini in difficoltà a cui passa davanti. Fingendo di non vederli.
Statistiche alla mano, purtroppo chi fra voi si comporta così è... La stragrande maggioranza.
Ecco quindi la proposta.
Invece di farneticare di porti aperti, come veri ipocriti, impegnatevi davvero. Mostrate di essere solidali, virtuosi e altruisti con qualcosa di serio: fermatevi per chi ha bisogno proprio davanti ai vostri occhi.
Smettetela di pensare che "si fermerà qualcun altro", perché lo fanno quasi tutti.
Quasi, per fortuna.
Ma se il numero di chi si ferma aumentasse, ne trarremmo un enorme beneficio: aumenterebbe il numero di brave persone in giro. 
Così brave che, quando sarete voi che tirate dritto, ad averne bisogno, si fermeranno anche per voi.
Il mondo si cambia un giorno alla volta. Nel nostro piccolo.
Evitando di gettare i rifiuti per terra. Scegliendo consapevolmente cosa consumare. Regalando una parola gentile e due chiacchiere all'anziano che si sente solo e ci "attacca bottone". E, soprattutto, fermandoci per aiutare chi è in difficoltà. Chiunque sia. E a qualsiasi specie animale appartenga...
#iomifermo

3 commenti:

  1. Non manifesto, perchè lo trovo inutile, ma i porti li voglio sempre aperti. E mi fermo, mi fermo per i cani, per i gatti e per le persone. Un paio di anni fa, pomeriggio in piazza duomo a milano, affollatissima, una bimba sui tre anni chiamava "mamma" correndo avanti e indietro, spostandosi sempre più dalla piazza: non una persona l'ha degnata di uno sguardo, tranne me. Mi sono fermata, l'ho presa sulle spalle dicendole di guardare se vedeva la mamma, mentre una mia amica cercava un vigile: in pochi attimi la mamma l'ha vista, per fortuna. E io ancora mi chiedo dove sarebbe finita se non mi fossi fermata.....

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    1. Ecco. Un esempio classico: nemmeno una bambina in lacrime in mezzo alla gente riesce a far fermare la gente. Per fortuna, c'eri tu. E tu sì, che avresti potuto manifestare per i porti aperti: perché tu TI FERMI. Lo fai davvero. Non ti nascondi dietro l'ipocrisia. E per questo, io, quella bimba e la sua mamma ti ringraziamo di cuore. <3

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  2. Buonaserata a tutte.

    Una volta, a Ravenna, non ricordo se due o forse tre anni fa, successe questo; siamo io e un amico a girare per librerie, a un certo punto una donna in lacrime si piazza all'uscita della Feltrinelli di via Diaz, a pochi metri da noi, urlando di non trovare più suo figlio, un bambino di 5 anni.
    Tutti i passanti si mettono a cercarlo nelle vicinanze, io e il mio amico, appena usciti dalla libreria e vedendo che tante persone sono già alla ricerca, decidiamo di andare in un bar, non proprio dietro l'angolo.
    All'ultima curva del tragitto, mentre parliamo, infiliamo un vicolo stretto e buio, più rapido per arrivare al bar rispetto alla strada principale, ma anche meno sicuro. A un certo punto sentiamo la voce di una ragazza che ci chiama. Ci voltiamo per vedere cosa vuole e noto che è una naziskin. Martens, giubbotto, rasata, borchie tatuaggi, svastiche etc. In un primo momento, stupito, mi domando cosa può volere una palesemente fatta (a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti) quando noto, con il mio amico, che ha un bambino che piange in braccio. Lei infatti ci chiede se sappiamo dove potrebbe essere la madre del bambino. Dal vicolo, infatti, le urla della mamma non si sentivano.
    Diciamo di darci il bambino che ci avremmo pensato noi, sapendo dov'era la madre, ma lei non si fida, e ci chiede di accompagnarla dalla madre. La accompagniamo seguendo la strada a ritroso e quando lei vede che c'è tanta gente, lascia il bambino che va dalla mamma, poi se ne va, probabilmente per non essere vista drogata. Essendo io e il mio amico gli unici nella direzione da cui veniva il bambino, la madre ci ringrazia per averle ritrovato il bimbo. Per evitare perdite di tempo non spiegammo come erano andate davvero le cose, e a tutt'oggi probabilmente quella signora pensa che siamo stati noi a trovare il bimbo disperso.

    Non ho il dono della sintesi, decisamente...^^ tutto questo solo per dire che ho imparato a non fidarmi troppo delle apparenze... la ragazza sembrava uscita dall'ultimo dei vicoli sporchi, voglia di vivere zero, fiato pesante, però si è comportata benissimo. Col senno di poi, a posteriori, ha fatto bene anche a non fidarsi di noi, nemmeno io al suo posto mi sarei fidato di due sconosciuti.

    Forse il bambino aveva anche dei problemi, perché, a parte piangere, non ha detto nulla per tutto il tempo, anche dopo essersi ricongiunto con la madre... mah, buonaserata!

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