lunedì 8 marzo 2010

La lunga notte degli Oscar (2010)

Wow. Menomale che Mariah Carey non era nominata (e in quale categoria, poi? Miglior tattica - la scollatura - per far dimenticare al mondo la sua interpretazione in Glitter?).
Sarebbe stato imbarazzante se sul palco degli Oscar fosse successo quello che è successo sul red carpet, ovvero l'arrivo del decolleté della Carey... un quarto d'ora prima di lei.
Di solito salto il red carpet proprio per questo, per evitarmi certi spettacoli.
Ma quest'anno l'ho visto, e devo ammettere di essere stata fortunata: ho beccato l'anno che ci ha offerto una rara collezione di vestiti orrendi, o comunque messi addosso alle persone sbagliate.
Comincerò da qui, dai vestiti. Qualcuno spari a quello che ha vestito Suzy Amis (e anche al suo hair stylist, e al suo truccatore). Qualcuno faccia presente alla Seyfried che non c'era bisogno di portare le vaschette per conservare gli avanzi: non c'è buffet, agli Oscar. Ma la ragazza è giovane, nessuno deve averla informata.

Per anni, per SchermoTV ho redatto puntuali, precisi e dettagliatissimi resoconti della notte degli Oscar. Questa volta, forte del mio "libero" blog, voglio solo condividere con voi alcune impressioni. Sparse. Su ciò che ho visto stanotte.

Ho visto la Canalis - imbarazzante - non sforzarsi nemmeno di fingere di capire una mezza parola d'inglese. Sguardo spaesato per tutto il tempo. L'ho vista - inadeguata - armeggiare con quello splendido vestito rosso di Cavalli, che su di lei aveva un che di leggermente volgare, nel bel mezzo di una standing ovation. L'ho vista - ignorante - evitare di battere le mani mentre i candidati concorrenti al premio di miglior attore contro il suo George venivano presentati. Lui, George, applaudiva. Lei, il Genio, si ravviava ossessivamente i capelli. No, tesoro mio. Il neurone non lo trovi, così facendo.

Ho visto Sandra Bullock trionfare con grande classe e con il consueto umorismo, un umorismo che dimostra quanto nel suo caso bellezza ed intelligenza si siano trovate. L'ho vista commuoversi parlando della sua mamma, e l'ho sentita dedicare il premio a tutte le mamme del mondo. Rigorosa, impegnata quanto basta, spiritosa. Perfetta. Da Oscar.

Ho visto Barbra Streisand sospirare un "The time has come"premiando la prima donna a vincere - in questo 8 marzo tutto speciale - come miglior regista. E ho visto una splendida Kathryn Bigelow aggirarsi confusa sul palco, dopo il primo Oscar, per andare a prendersi anche il secondo.

Ho visto Alec Baldwin e Steve Martin in veste di mattatori d'eccezione, ho visto un numero d'apertura di Neil Patrick Harris che mi ha lasciata un po' perplessa e ho visto il Drugo, finalmente, stringere in mano un Oscar ed esultare sul palco.

Ho constatato che, per l'ennesima volta, l'amata (da chi, poi? E soprattutto: perché?) Brangelina ha seguito lo schema "Noi esseri superiori, con una scusa o con l'altra, agli Oscar non ci andiamo mai".

Ho visto "The Cove" vincere come migliore documentario e ho capito subito che probabilmente io non lo vedrò mai: dubito di poter sopravvivere.

Ho visto Kirsten Stewart presentare uno speciale dedicato all'horror (alleluja!) quasi in preda al panico, cosa che mi ha fatto tenerezza perché ha dimostrato che c'è ancora qualcuno che si emoziona davvero a calcare quel palco, anche senza dover ritirare un premio.

Ho visto Michael Giacchino meritatamente premiato, cosa che per me ha voluto dire che anche Lost si è portato a casa un pezzetto di Oscar, suvvia.

Ho visto l'immancabile tributo ad memoriam, che mi fa sempre versare fiumi di lacrime, gestito per una volta in maniera piuttosto bizzarra (dal punto di vista della sequenza delle immagini).

Ho visto Penelope Cruz (non un abito incantevole, va detto) e purtroppo l'ho anche sentita, chiedendomi perché mai nessuno abbia il coraggio di proporle un bel corso accelerato d'inglese.

Ho visto il disappunto dipinto sul volto di Tarantino per il mancato Oscar alla sceneggiatura: oh, menomale. Uno che mostra una reazione vera.

Ho visto il regista argentino del miglior film straniero sfumato dalla musica (vai a casa, caro, che qui ci sono le star di Hollywood. Su, su. Da quella parte, caro).

E poi, per mia sfortuna, ho anche visto un pezzo di trasmissione italiana. Con, nell'ordine: una Alessandra Venezia troppo italiana, come direbbe Stanis, che alla candidata come miglior attrice non protagonista chiede solo com'è stato lavorare con il nostro George, che in Italia amiamo tanto.
Date un bel pezzo di pizza, magari accompagnato da un mandolino, alla Venezia e mettete qualcun altro sulla passerella. Grazie.

Insieme, magari, ad un nuovo conduttore: sì al sempre preparato, misuratissimo e sempre opportuno Cinemaniaco Gianni Canova.
No, no e ancora no allo sprovveduto Castelnuovo, che chiama Up "cartone animato", che non conosce a memoria i nominati nelle varie categorie (li sapevo anch'io, santo cielo...) e che se ne esce con imbarazzanti grafici realizzati a casaccio, esibendo anche una discreta capacità di fare errori, fra nomi e date.
L'ho visto.
Gradirei non vederlo ancora.

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