mercoledì 30 agosto 2017

Corro. Perché POSSO.

Corro.
Col naso rotto.
Con le ginocchiere e con la trocanterite all'anca destra.
Corro.
Con la debolezza per l'ipotiroidismo che da qualche tempo non è più sotto controllo.
Con due immunosoppressori in corpo.
Corro.
Con l'artrite e l'artrosi, dopo diciassette anni ininterrotti di cortisone.
Con tutte le mie malattie autoimmuni.
Corro.
Corro... Perché POSSO.


Un anno e mezzo fa, mio zio si sentì male mentre era a pranzo qui, dalla mia mamma.
Mio marito chiamo l'ambulanza e io andai in fondo alla strada ad attenderla.
La sentivo passare, avanti e indietro, nelle vicinanze.
Non trovava l'accesso alla nostra via.
Poi, finalmente, passò davanti a me e io mi misi in mezzo alla strada per segnalare all'autista dove svoltare, sbracciandomi.
"In fondo alla strada, a destra", gli dissi quando rallentò per chiedermi indicazioni.
E poi, tornai indietro. A piedi.
Camminavo, sempre più veloce.
Volevo correre.
Ci provai... Senza riuscirci.

Nessuno di voi, probabilmente, avrà vissuto la stessa situazione.
Spingere al massimo, dire al proprio corpo: "Corri" e non riuscirci.
Perché sei troppo grassa. Perché sei troppo debole. Perché non hai muscoli.
Perché i tuoi esami del sangue mostrano che sei da buttare via.
Sei anemica, senza vitamina D, con tutti gli indici infiammatori sbagliati.
E da tanto, tanto tempo, non riesci più a correre. Nemmeno quando vorresti.
Nemmeno quando dovresti.
Una delle mie malattie croniche è l'ipotiroidismo autoimmune.
Pensavo - perché sembrava logico - che il continuo ingrassare fosse dovuto a quello.
Sbagliavo.
Era dovuto al cortisone, che impediva al farmaco per la tiroide di farla funzionare il minimo che sarebbe bastato non a dimagrire, ma almeno a non mettere su ulteriore peso.

Qualche anno fa, quando un'incosciente mi prescrisse 150 mg di cortisone al giorno, arrivai a pesare 140 Kg.
Non riuscivo più ad alzarmi dal divano, all'improvviso, perché ero ingrassata talmente in fretta - parliamo di un paio di settimane al massimo - che i piedi mi facevano troppo male: non erano in grado di sostenere quel peso spuntato dal nulla.
Di conseguenza, non mi muovevo quasi più. Qualche sporadica, breve passeggiata col cane sotto casa.
Un quarto d'ora, con le pause, per fare tre piani e mezzo di scale. Soffrivo di attacchi di panico e non prendevo l'ascensore.
Solo recentemente, quando sono passati, abbiamo scoperto che era sempre lui, il cortisone, a farmi venire gli attacchi di panico.
Uscire era diventato un tormento: a mezz'ora di passeggiata "da turista" seguivano dolori atroci.
Ai piedi, alle gambe, alla schiena, alle ginocchia.

Scalando il cortisone - troppo in fretta - da 150 mg a 0 in dieci giorni! - gli attacchi di panico . Drasticamente.
peggiorarono
Finì che non lo presi solo per un giorno, e poi dovetti ricominciare (a 30 mg). Per molti altri anni.
Però non funzionava più. Non come prima, per la colite ulcerosa. O il morbo di Crohn. Ancora non avevano deciso qual era esattamente la patologia, ma poco importava: la cura era la stessa.
Prendevo il cortisone, il maledetto, lo prendevo. Ma non funzionava più. Così mi misero sotto immunosoppressori.
Farmaci devastanti, all'inizio. Devastanti.
Ciononostante, la malattia non era ancora sotto controllo.
Cambiai medico. Non miglioravo. Cambiai medico. Niente. Cambiai medico di nuovo. Mi prescrisse la stessa cura.
Mi diede farmaci antiquati, ignorò il fatto che continuavo a ingrassare - con tutte le conseguenze del caso.
Otto anni dopo, mandai al diavolo quel medico, firmando per uscire dall'ospedale in cui mi aveva ricoverata senza curarmi affatto.
E la mia vita cambiò.

Il nuovo gastroenterologo mi disse che continuare a prendere il cortisone dopo tutto quel tempo era da pazzi. (Finalmente! Uno sano di mente!).
Mi disse che mi avrebbe cambiato la terapia, eliminando prima il cortisone e inserendo poi un altro immunosoppressore. Un farmaco biologico.
Nonostante le numerose precauzioni - quasi 6 mesi per eliminare il cortisone, che era già a un dosaggio bassissimo in partenza - ovviamente, il mio intestino decise di impazzire.
La malattia era fuori controllo come non lo era mai stata.
Avevo oltre trenta scariche di sangue al giorno, dolori atroci, febbre.
Il nuovo medico mi teneva sotto stretto controllo. Mi diceva di tenere duro, che sarebbe passata.
Mi spronava.
E quando i tempi furono maturi, mi iniziò alla nuova terapia.
Dopo quasi tre mesi a letto, con le coliche, stremata e senza vedere la luce in fondo al tunnel, la luce arrivò.
Infusione dopo infusione, stavo sempre meglio.
E già da quando avevo sospeso il cortisone dimagrivo. In fretta. Facilmente.
Nonostante l'ipotiroidismo.
Quando ero ai massimi dosaggi di cortisone, il mio peso era a tre cifre. E avevo un 14 davanti al terzo numero. Un QUATTORDICI. Ora il mio peso è a due cifre. E davanti c'è un 7.
Non sono magra, certo, ma sono un'altra persona. Non la ragazza che pesava 55 chili, prima della tiroide e del cortisone. Ma un'altra persona.

La tiroide ultimamente sta facendo i capricci, e il peso si è assestato.
Se mangio una pizza, una sola, una volta al mese, aumento di due chili.
Ci stiamo lavorando: l'endocrinologa mi ha aggiustato i dosaggi.
Fra qualche mese faremo un controllo per verificare la situazione, ma non è questo il punto.
Il punto è quel 7, dopo il 14.
Il punto è andare in MTB, nuotare, fare pilates e usare l'ellittica.
Il punto è camminare almeno un'ora con i miei cani, tutti i giorni.
Il punto è correre, per strada o sul tapis roulant.
Con cautela, perché il cortisone s'è mangiato la mia cartilagine - non ce n'è più - e mi ha distrutto i tendini.
Non dovrei correre. Quindi faccio solo dei pezzetti di corsa durante le camminate.
O corro dieci, venti minuti al massimo sul tapis roulant, intervallando qualche secondo di camminata. Con il tappeto ammortizzato, le scarpe giuste e tutte le accortezze possibili.
Tutte le accortezze però non possono restituirmi ciò che il cortisone mi ha tolto.
Non dovrei correre, lo so. Me lo ripetono tutti i miei specialisti. E sono tanti.
Però corro. Con moderazione.
Corro perché ci riesco, finalmente.
Corro. Perché posso.
Corro per dimostrare a me stessa, e a tutti gli altri, che i malati cronici non guariscono mai, ma possono stare meglio.
Corro perché tutti quelli che mi hanno presa in giro quando ero una "balena", quelli che mi hanno discriminata, quelli che pensavano che fossi una persona pigra che passava il suo tempo a divorare pizza fregandosene della propria salute, correndo, me li lascio alle spalle.
Corro per aumentare la distanza fra me e loro.
Corro per ricordarmi che sono migliore di loro - sì, lo sono - perché io capisco cosa significa non riuscire a fare una cosa.
Io so cosa vuol dire avere paura, senza alcuna motivazione plausibile, ed essere schiavi degli attacchi di panico. Me lo ricordo fin troppo bene.
Io so cosa vuol dire essere malati e cercare di mantenere una dignità.
Ecco perché corro, anche se non dovrei: perché è una rivincita. Perché è dignità. Perché è vita.
La mia vita.

4 commenti:

  1. Chiara, non si può commentare un post così senza essere banali. un abbraccio soltanto. roberta

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  2. Mi ricordi tanto qualcuno che adesso non c'è più. La tua stessa forza. Sei un eroe, sai? E non solo nei confronti di te stessa ma anche per le persone che t vogliono bene. Stai bene tu e stanno bene loro.
    Ti ammiro tanto.

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    1. Grazie. Di cuore. Non mi detto affatto eroica: c'è molta gente, purtroppo, che combatte guerre più dure. Faccio solo del mio meglio.
      Un abbraccio forte

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    2. "Sento", non "detto". Dannato iPhone! :-D <3

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